Libano-Israele, in volo sulla Blue Line. Dal territorio ai sistemi di sicurezza, due mondi diversi sul confine che non c'è

Dall'alto di un elicottero dell'Esercito italiano è tutto più chiaro: la gestione della sicurezza, l'organizzazione agricola ed economica del fronte israeliano e di quello libanese

Martedì 14 Marzo 2023 di Nicola Pinna, nostro inviato
Libano-Israele, in volo sulla Blue Line. Dal territorio al contesto urbano, due mondi diversi sul confine che non c'è

NAQOURA (Libano) – Questo è un racconto che non può essere corredato da foto o video.

Sarebbero preziosi, per capire meglio ciò che succede tra i due fronti di un confine che di fatto non è un confine: perché non esiste sulle mappe, perché non c'è un accordo e perché quasi mai viene rispettato. A terra c'è un grande muro, si incontrano le pattuglie che vanno e vengono, ma non si vede l'altro fronte. E non si capiscono molte differenze. 

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Libano-Israele, in volo sulla Blue Line

Dall'alto di un elicottero dell'Esercito italiano, che qui ha messo in piedi la base di ItalAir, è tutto più chiaro: la gestione della sicurezza, l'organizzazione agricola ed economica sul fronte israeliano e in quello libanese, le case disabitate su un lato e quelle nuovissime dall'altro, la rete di basi e i sistemi di sicurezza. Così vicini e così lontani: il grande muro della Blue line separa due mondi diversissimi. La contraddizioni e le differenze si vedono benissimo, oltre il portellone dell'Ab 212 bianco che decolla dalla base di Naqoura: dal mare alle vette innevate, da dove inizia e più o meno dove finisce la linea di demarcazione tra i due stati in guerra. Si va avanti e indietro in circa mezz'ora. Oltre il finestrino non si riprende: perché questo è il nervo scoperto del conflitto e perché i due stati hanno l'ossessione della riservatezza e l'incubo delle spie. Unifil, che incarica l'Esercito italiano di svolgere tutte le operazioni aeree, fa da arbitro e assicura totale riservatezza: decollare e osservare dall'alto è quasi un privilegio ma a una sola condizione, quella di non immortalare nulla di ciò che si vede fuori dall'elicottero.

 

IL TERRITORIO

I colori sono la prima differenza che balza agli occhi. Roccia e molti ettari di vegetazione secca sul fronte libanese, una distesa di verde e di coltivazioni sul versante israeliano: la carenza di piogge, si sa, non rispetta conflitti e vincoli geografici eppure dall'altra parte l'acqua non manca mai e i dissalatori alimentano gigantesche serre che sono state costruite una accanto all'altra per chilometri. È tutto completamente diverso oltre i nove metri di muro non ancora completato: l'operazione è complessa di per sé e i dislivelli delle colline complicano ogni operazione. Prima del decollo il comandante di ItalAir, il colonnello Giuliano Innecco, fa sapere anche alle forze armate israeliane che ci sarà una missione straordinaria. Dall'altra parte del telefono danno subito il cenno di “ricevuto” e allora si parte. Ai comandi oggi c'è il tenente colonnello Luciano Starace, uno dei piloti che operano in Libano da più tempo. Da quando è iniziata la missione i sei elicotteri italiani hanno accumulato 45 mila ore di volo e trasportato a bordo 183 mila passeggeri: militari ma anche persone ferite, medici e infermieri schierati per operazioni di soccorso. Nella base di Green Hill ora ci sono gli uomini del 2° Reggimento Aves di Lamezia Terme, che ha schierato qui 14 piloti e 10 tecnici e operatori di bordo.

LO SCENARIO

Dalla base alla Blue line c'è poco più di un minuto di volo. Volgendo lo sguardo verso nord, verso l'ultimo fetta di territorio libanese, c'è una distesa di strutture vuote, perché la paura di una nuova invasione è sempre dietro l'angolo e perché ritrovarsi sotto una pioggia di bombe qui davvero è un attimo. Le tracce degli attacchi del passato si notano ancora, sulle facciate di abitazioni che sono state sgomberate in fretta e furia. Se ne vedono anche di nuove, perché i libanesi immaginano che prima o poi il sogno del “cessate il fuoco” possa diventare realtà e vivere in questo angolo di Medio Oriente possa essere possibile, senza l'incubo continuo degli attacchi. È un investimento per il futuro, per i figli o per quelli della famiglia che sono andati a vivere all'estero e che alla fine rientreranno. Pure sul fronte della sicurezza è tutto un altro mondo, tra nord e sud della Blue line. Il Libano, anche grazie alla missione italiana Mibil, sta ancora addestrando le sue Laf e fa affidamento sul lavoro dei caschi blu dell'Onu, che vanno avanti e indietro con i potentissimi blindati bianchi. Sono imparziali sì, i militari della coalizione internazionale, ma presidiano il fronte libanese.

Video

IL VOLO

Lungo quel confine invisibile e conteso le basi dell'Unifil sono davvero tante. Dietro ogni tornante ne spunta una, sopra le colline e nei punti in discesa. La blindatura è quasi totale. Israele invece ha la sua tecnica: fa da sé e ha messo in campo grandi tecnologie. E anche per questo le fotografie non sono ammesse per nessuna ragione. I radar, le antenne e le centrali di controllo spuntano come funghi. E oltre il portellone dell'elicottero di ItalAir è possibile osservare la maniacale organizzazione di una fascia di controllo fatta di sabbia levigata continuamente ed estesa per i 120 chilometri della Blue line: pochi metri di larghezza che si presentano come una striscia di velluto perfettamente liscia, curata di continuo e sempre sorvegliata, per fare in modo che balzino subito agli occhi le tracce di qualcuno che in quel punto non dovrebbe passare. Il serpentone di sabbia dall'alto si perde a vista d'occhio, ma è facile notare gli uomini armati che non si distraggono un attimo, a bordo di blindati e all'interno di centrali da cui si muovono telecamere e altri sensori a potenza elevatissima. Ogni mossa è già stata registrata.

Ultimo aggiornamento: 6 Aprile, 14:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA