Risposta Usa alle bombe all'aeroporto di Kabul: uccisi con un drone due capi dell’Isis-K

Domenica 29 Agosto 2021 di Anna Guaita
Risposta Usa alle bombe all'aeroporto di Kabul: uccisi con un drone due capi dell’Isis-K

NEW YORK La risposta americana all’attentato all’aeroporto di Kabul non si è fatta attendere.

Dodici ore dopo il massacro, un drone ha preso di mira due leader del gruppo terrorista Isis-K, mentre salivano su un’automobile davanti alla loro casa, alla periferia di Jalalabad, non lontano dal confine con il Pakistan. Il pilota in remoto del drone MQ-9 Reaper ha atteso che la moglie e il bambino di uno dei due bersagli fossero usciti e lontani, prima di sganciare il missile che ha ucciso tutti e due gli uomini.

Attacco con il drone

«Stavano preparando il prossimo attentato, erano dei pianificatori», ha sostenuto il portavoce del Pentagono, John Kirby, che però ha rifiutato di diffondere ulteriori informazioni, ad esempio da dove fosse partito il drone. Invece il Pentagono ha confermato che la minaccia di attentati è lungi dall’essere finita. L’allarme è al massimo, e si teme anzi che i rischi aumentino, mentre si avvicina la partenza definitiva delle forze Usa e alleate dall’aeroporto, prevista martedì prossimo. «I comandanti mi hanno informato che un attacco è molto probabile nelle prossime 24-36 ore», ha annunciato Biden. L’allerta è alta anche negli Stati Uniti, dove stanno arrivando i profughi. Cinque basi militari si preparano a ospitarne 50 mila, per ulteriori controlli, prima di lasciarli liberi nel territorio. Il rischio comunque è concentrato sull’aeroporto Karzai, lo scalo internazionale di Kabul, intorno al quale la folla è molto diminuita, anche perché i talebani hanno bloccato le strade di accesso. 


L’AEROPORTO
Ci sono versioni contrastanti sul ruolo che gli studenti coranici avrebbero nel gestire la sicurezza intorno al perimetro del Karzai, con i talebani, che dicono di avere la responsabilità di alcuni gate, e gli americani sostengono che invece la loro presenza è limitata alle postazioni esterne dell’aeroporto. Per i talebani, è importante diffondere la notizia, per mostrare che le forze di occupazione stanno lasciando loro il testimone, e che il controllo del territorio passa ufficialmente sotto le loro mani. Ieri, infatti, hanno protestato per il lancio del missile contro i due Isis-K, sostenendo che «ora l’Afghanistan è un Paese indipendente e se ci sono dei problemi sta a noi risolverli».

 

Il Pentagono ha chiarito che non ci sono stati collusioni dei talebani nell’attentato di giovedì, nel quale, anzi, 30 studenti coranici hanno perso la vita, insieme ai 13 militari Usa e a oltre 150 civili afghani. Ma è chiaro che i talebani non hanno esperienza nel controllo antiterrorismo e non hanno saputo neanche organizzare i soccorsi e il controllo della folla dopo l’esplosione e per questo gli americani non avrebbero nessuna intenzione di affidare loro la sicurezza. Le operazioni di evacuazione stanno comunque volgendo alla fine. Ieri anche i britannici hanno concluso i voli civili, e da oggi stanno solo riportando in patria i militari, magari lasciando posto in aereo per qualche sparuto civile che ancora riesca a superare tutti gli ostacoli e arrivare all’aeroporto. Ma il capo delle Forze Armate britanniche, il generale Nick Carter ha ammesso che varie centinaia di ex collaboratori sono dovuti rimanere nel Paese, incapaci di raggiungere Kabul: «È stato straziante doverli lasciare» ha confessato. 


ULTIME OPERAZIONI
Gli americani continuano invece ancora a imbarcare afghani, anche grazie allo sforzo eroico di alcune squadre speciali di veterani, arrivate dagli Usa con due organizzazioni nate ad hoc, per mettere in salvo collaboratori intrappolati nel Paese. Questi volontari possono muoversi in modo più indipendente dei militari e danno appuntamento a gruppi di afghani in luoghi poco controllati dai talebani, possibilmente di notte. Tutti i volontari sono ex membri delle Navy Seals e dei Berretti Verdi. Hanno già salvato centinaia di afghani e si sono impegnati a continuare fino alla fine. Sia i volontari che la stessa amministrazione Biden hanno promesso di continuare a battersi per ottenere che i talebani lascino via libera a chi voglia espatriare. 
Negli Usa intanto si cominciano a conoscerei volti e i nomi dei giovani Marines uccisi dal kamikaze: «Veri eroi, il meglio che l’America ha da offrire, morti per salvare la vita di altre persone», aveva detto Biden. Ma le sue parole non lo hanno protetto dalle critiche di almeno due genitori, che lo accusano di aver causato la morte dei loro figli. 
 

Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 09:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA