Guerra nucleare, è davvero possibile? Ecco quando ne siamo stati a un passo (e cosa dice l'orologio dell'Apocalisse)

Dalla crisi dei missili a Cuba nel ‘62 fino alla Guerra Fredda, siamo mai stati così vicini a un conflitto nucleare?

Lunedì 28 Febbraio 2022 di Mario Ajello
Guerra nucleare, è davvero possibile? Ecco quando ne siamo stati a un passo e cosa dice l'orologio dell'Apocalisse

Guerra atomica? No, grazie. Ma il rischio purtroppo esiste, se il conflitto russo-ucraino non si attenua e le trattative in corso dovessero risultare inutili, e non sarebbe la prima volta che il mondo finisce per trovarsi con l’incubo di un conflitto nucleare. In 22 occasioni - e la crisi dei missili a Cuba nel ‘62 con la riposta americana alla minaccia sovietico-castrista dei razzi balistici è stata una delle più clamorose vicende da apocalisse atomica sventata all’ultimo istante - il pianeta si è trovato sull’orlo del disastro atomico. Il primo episodio è proprio quello caraibico della notte del 25 ottobre 1962. Siamo in Wisconsin, all’apice della crisi missilistica cubana tra Usa e Urss. Undici giorni prima, un aereo spia U2 statunitense fotografa a Cuba missili balistici a medio raggio (R-12) e intermedi (R-14) puntati verso gli Stati Uniti.

Nel pieno della notte un soldato americano del Duluth Sector Direction Center intravede nell’oscurità qualcosa che tenta di arrampicarsi sulla recinzione perimetrale della struttura. Dà l’allarme e inizia a sparare. Le sirene anti-intrusione suonano all’impazzata e l’allerta massima è lanciata. Nella vicina base aerea «Volk Field» qualcuno preme il comando sbagliato e i piloti si precipitano sugli aerei carichi di armi nucleari per attaccare il nemico. In realtà presto si scopre che quella minacciosa sagoma nell’oscurità appartiene a un orso nero. L’allarme si rivela un errore, ma poteva costare caro. 

Quando il mondo è stato a un passo dalla guerra nucleare

Nelle guerre, sia fredde che calde, può essere anche un caso insomma a gettare il panico in uno dei due fronti e far pigiare a qualcuno il bottone dell’attacco atomico. Se si pensa che stavolta, nel contesto della guerra russo-ucraina, non solo il Paese di Putin ma anche gli Stati Uniti di Biden, o l’Iran che è alleato di Mosca, possiedono armamenti nucleari a lunga gittata, c’è da preoccuparsi sia per i possibili errori che possono portare a lanciare i missili da devastazione planetaria sia per la deliberata strategia di voler ricorrere all’arma finale. La tensione può portare all’errore e in fatto di nucleare sempre al tempo della Guerra Fredda episodi inquietanti, e ripetibilissimi, si sono verificati per esempio nel 1958. L’11 marzo di quell’anno, un aereo sgancia involontariamente un ordigno nucleare nel giardino della famiglia Gregg, a Mars Bluff in Carolina del Sud. Miracolosamente non ci sono vittime umane, anche se un gruppo di polli resta vaporizzato e l’ordigno provoca un cratere profondo 21 metri largo 11. Errori clamorosi capitano anche in anni recenti. Nel 2010 l’Air Force degli Stati Uniti perde temporaneamente la capacità di comunicare con 50 missili nucleari, il che significa che non ci sarebbe stato modo di rilevare e fermare un lancio automatico. Il 25 gennaio 1995, l’allora presidente russo Boris Eltsin diventa il primo leader mondiale nella storia ad attivare una «valigetta nucleare»: la borsa che contiene le istruzioni e la tecnologia per far esplodere le bombe nucleari. Il Presidente russo si allarma per il lancio di un razzo Black Brant a largo della costa nord-occidentale norvegese e ritenendolo un’azione ostile è pronto a lanciare un contrattacco, d’accordo con i suoi consiglieri. Fortunatamente, pochi minuti prima del disastro, si scopre che dalla costa norvegese è partito un razzo che trasportava materiale per studiare l’aurora boreale su Svalbard.

Rischio di una terza guerra mondiale

Maneggiare le armi atomiche e la minaccia di usarle, come si sta facendo adesso in questa che potrebbe essere l’inizio della terza guerra mondiale se non si trova un modo di riappacificarsi, rappresenta una tentazione da cui tenersi alla larga ma che, almeno come deterrente, funziona o almeno si crede che possa funzionare per spaventare il nemico. Il problema però è che la tecnologia atomica non sempre dà garanzie di buon funzionamento. Può fare cilecca e provocare il panico. Nel 1980, il presidente Jimmy Carter è svegliato alle 3 del mattino dall’ufficio di guardia del comando della difesa aerea statunitense. C’è un problema: i computer di sorveglianza segnalano 200 missili diretti dall’Urss verso gli Stati Uniti. Minuti di panico. Poi si scopre che i computer si sbagliavano. Tutta colpa di un chip difettoso sul computer che lancia gli allarmi preventivi. Il chip sarà sostituito con un altro che costa meno di un dollaro.

La minaccia russa è reale?

Ora a lanciare minacce atomiche è la Russia, ma gli Stati Uniti questa materia la trattano e la sanno trattare da sempre. Si vedano i capitoli tremendi di Hiroshima e Nagasaki alla fine della seconda guerra mondiale. Il presidente americano ha il potere immenso di decidere se lanciare o meno un attacco nucleare. Solo una volta nella storia un Capo di Stato americano ha ordinato di «premere il fatidico bottone» (e fu appunto nell’agosto del 1945, quando Truman diede il via libera alla distruzione del Giappone). Il Congresso di Washington spesso a contestato questo super-potere atomico presidenziale. E lo ha fatto negli anni di Trump: «Non è che The Donald risolve la guerra commerciale con la Cina scaricando una bomba atomica?», ci si chiedeva terrorizzati (naturalmente forse esagerando). Gli scrittori usano come esempio - del fatto che il bottone nucleare non possa stare nella personale facoltà dell’inquilino della Casa Bianca - la figura di Richard Nixon. Il quale nell’agosto del 1974, già coinvolto nello scandalo Watergate, era un presidente clinicamente depresso ed emotivamente instabile: si diceva che fosse esausto, che bevesse tanti Martini e in generale si comportasse in modo strano - un agente dei servizi segreti una volta lo vide mangiare un biscotto per cani - ed era sempre stato soggetto a rabbia, dipendente da alcol e da potenti farmaci. Quella volta del Watergate però la situazione psichica di Nixon era molto più seria eppure, così ripetevano in tanti, «egli ha ancora il potere di lanciare armi nucleari». Di Putin ci si chiede invece: è pazzo? fa il pazzo? è lucidissimo e capace di tutto? sparerà la bomba atomica davvero? o agita il pericolo per terrorizzare tutti sempre di più e poi sedersi al tavolo delle trattative vere?


Nel ‘62, quando scoppiò la crisi dei missili, si riuscì poco a poco a superare l’incubo della guerra combattuta a colpi di armi di distruzione di massa. Dopo un lungo periodo di stretti negoziati venne raggiunto un accordo tra il presidente americano John F. Kennedy e il presidente russo Nikita Chruščёv. Pubblicamente, i sovietici avrebbero smantellato le loro armi offensive a Cuba e le avrebbero riportate in patria, sotto verifica da parte delle Nazioni Unite e in cambio di una dichiarazione pubblica da parte statunitense di non tentare di invadere nuovamente Cuba (ovvero sbarco nella Baia dei Porci). In segreto, gli Stati Uniti avrebbero anche acconsentito a smantellare tutti i PGM-19 Jupiter, di loro fabbricazione, schierati in Turchia, Italia e Gran Bretagna. Quando tutti i missili offensivi e i bombardieri leggeri Ilyushin Il-28 vennero ritirati da Cuba, il blocco navale statunitense venne formalmente concluso il 21 novembre 1962. I negoziati tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica misero in evidenza la necessità di una rapida, chiara e diretta linea di comunicazione riservata e dedicata tra Washington e Mosca. Di conseguenza, venne realizzata la cosiddetta linea rossa Mosca-Washington. Una serie di ulteriori accordi ridusse le tensioni tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica per diversi anni. E andò bene così. 

L’Orologio dell’Apocalisse

Ma nell’immaginario e nella realtà dei popoli lo spettro della guerra nucleare ed altre catastrofi globali esiste e comprensibilmente è molto forte. Tanto è vero che esiste dal 1947 l’Orologio dell’Apocalisse, un’iniziativa ideata dagli scienziati americani che consiste in un orologio metaforico che misura il pericolo di un’ipotetica fine del mondo a cui l’umanità è sottoposta. E viene da chiedersi in queste ore d’angoscia: l’Orologio che cosa sta segnando, che tra poco finisce tutto in un big bang? No, per fortuna. Ma l’Orologio fa tic toc. In questo misuratore simbolico la mezzanotte segna la fine del mondo mentre i minuti precedenti rappresentano la distanza ipotetica da tale evento. Originariamente la mezzanotte rappresentava unicamente la guerra atomica, mentre dal 2007 considera qualsiasi evento che può infliggere danni irrevocabili all’umanità:  come ad esempio i cambiamenti climatici. Al momento della sua creazione, durante la Guerra Fredda, l’Orologio fu impostato a sette minuti dalla mezzanotte; da allora, le lancette sono state spostate 22 volte. La massima vicinanza alla mezzanotte è stata raggiunta nel 2020, con appena 100 secondi: e l’apocalisse era rappresentata dalla pandemia. Precedentemente la distanza minima era stata due minuti, raggiunta due volte: una nel 1953 (pieno scontro Usa-Urss con test nucleari connessi) e una nel 2018 (dopo le notizie sui test nucleari della Corea del Nord). Occhio dunque in questi giorni all’Orologio. E alle valigette atomiche. Anche perché - come si è detto finora - ci vuole poco a scatenare il peggio del peggio. Fa parte di questa storia un capitolo terribile e avvincente. Siamo nel settembre - il 26 settembre - del 1983. Stanislav Petrov, tenente colonnello dell’esercito sovietico, ha il turno di notte: nel bunker Serpukhov 15 deve controllare i dati che vengono inviati dai satelliti che spiano i movimenti degli armamenti statunitensi. D’un tratto i suoi schermi gli indicano che cinque missili intercontinentali sono partiti da una base nel Montana. Petrov sa benissimo ciò che deve fare nel caso di un attacco nucleare preventivo da parte degli USA. Sa che, dopo la comunicazione ai superiori, l’allarme lanciato percorrerà la scala gerarchica e porterà in pochi minuti alla massiccia operazione di rappresaglia: partiranno missili balistici sufficienti a distruggere obiettivi strategici in Inghilterra, Francia, Germania Ovest e Stati Uniti.
Era un periodo di grandissima tensione tra le due superpotenze. All’inizio di quel settembre un caccia sovietico aveva abbattuto un aereo di linea sudcoreano che, per errore, era penetrato nello spazio aereo dell’Urss: erano morte tutte le 269 persone a bordo. Pochi mesi prima il presidente Reagan aveva coniato l’espressione «Impero del Male» e annunciato il programma delle guerre stellari. Si programmava il dispiegamento dei missili Pershing in Europa. Al Cremlino c’era Yuri Andropov che si era convinto che gli Usa stavano preparando un attacco, un primo colpo nucleare. Oggi gli storici ricostruiscono quel periodo come il momento di maggiore rischio per l’umanità: forse ancora peggiore della crisi dei missili a Cuba.


Ma il tenente colonnello Petrov non era convinto. Perché solo cinque missili? Sapeva quale fosse il suo compito, ma pensò che un attacco preventivo, tale da scatenare la terza guerra mondiale, e per di più atomica, non sarebbe mai potuta partire con soli cinque missili. E nello spazio di pochissimi secondi prese la decisione più importante della sua e delle nostre vite. Interpretò il segnale come un errore del satellite. Gli storici scrivono che ciò che il satellite sovietico interpretò come il lancio di cinque missili balistici intercontinentali dalla base nel Montana era in realtà l’abbaglio del sole riflesso dalle nuvole. E non fece niente Petrov, non diede l’allarme, non innescò quel processo di reazione che avrebbe portato all’apocalisse. Quell’ufficiale russo salvò il mondo. Ma il mondo adesso ha bisogno di essere salvato di nuovo, preferibilmente da una guerra non nucleare.

Ultimo aggiornamento: 1 Marzo, 16:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA