Guerra nucleare, l'ambasciatore Stefanini: «Il rischio non è l'atomica, ma un conflitto allargato. E la Cina non può mediare»

«Il problema dell'uso di queste armi potrebbe sorgere solo se Mosca si sentisse minacciata dagli ucraini»

Domenica 26 Marzo 2023 di Marco Ventura

Armi tattiche nucleari in Bielorussia, minaccia reale o avvertimento a uso mediatico? «Nelle minacce di Putin è sempre difficile distinguere l’aspetto mediatico da quello militare», dice l’ambasciatore Stefano Stefanini, già rappresentante d’Italia presso la Nato.
«Se è un avvertimento, risponde a due preoccupazioni: l’attesa controffensiva ucraina di primavera, che ha un fondamento reale perché Kiev può ormai mettere in campo un dispositivo militare rafforzato con le armi occidentali ricevute, compresi i carri armati Leopard; e poi l’annuncio britannico di una fornitura di proiettili all’uranio impoverito, cui Putin ha voluto ribattere pan per focaccia».

Che cosa potrebbe succedere adesso?
«Vladimir Putin non dice che fornirà armi tattiche nucleari ai bielorussi, ma che le dislocherà in Bielorussia, per le truppe russe.

Finora, l’Ucraina non è stata attaccata dai russi direttamente dalla frontiera bielorussa. Se ciò avvenisse, si aprirebbe un fronte nord con una estensione territoriale e geopolitica del conflitto. Paradossalmente, è come se la Finlandia autorizzasse le truppe ucraine ad attaccare la Russia sulla frontiera finlandese…».

Davvero si potrebbe arrivare all’utilizzo dell’arma tattica?
«La dottrina nucleare russa non prevede l’uso indiscriminato di armi nucleari, né strategiche né tattiche, le considera l’ultima risorsa per evitare la sconfitta. Gli americani e la Nato sono convinti che al di là della retorica irresponsabile di Mosca sul “nucleare”, il problema potrebbe sorgere solo se la Russia si sentisse direttamente attaccata dall’Ucraina. E questo è uno dei motivi per cui agli ucraini è impedito di portare la guerra nel territorio della Federazione russa, salvo azioni chirurgiche ben calibrate contro obiettivi militari. Ma la questione si potrebbe porre anche qualora Mosca percepisse che un successo militare ucraino metta in predicato conquiste consolidate, come la Crimea. Gli americani hanno già avvertito che la risposta all’arma tattica sarebbe molto forte, ancorché non nucleare, e poi c’è l’avviso fermo della Cina a Putin perché non la usi».

Gli occidentali hanno superato tutte le linee rosse, come sta dicendo Vladimir Putin?
«No. Rifiutano di fornire gli F-16 e tutta una gamma di armi più devastanti come i missili a lunga gittata. Putin parla così per evitare una escalation delle forniture o per timore che quelle promesse modifichino il rapporto di forze. Io credo che stia solo minacciando, ma l’eventualità che possa dare seguito, in particolare allargando il conflitto alla Bielorussia, va presa sul serio».

La recente visita del leader cinese Xi Jinping a Mosca allontana la mediazione cinese?
«Direi di sì. Il mediatore deve avere una veste imparziale. Se oggi Biden si presentasse come un possibile mediatore, gli riderebbero in faccia. La Cina si è schierata con la Russia, anche se non militarmente. Un vero mediatore dovrebbe dividere il suo tempo fra le parti, mentre Xi Jinping ha fatto una visita di tre giorni a Putin con profferte di amicizia, oltretutto ignorando il mandato d’arresto internazionale per crimini di guerra, mentre non ha previsto visite a Kiev, né fatto la preannunciata telefonata a Zelensky. Il piano cinese non è accettabile per l’Ucraina, né per altri. Noi siamo portati a vedere i giochi di Pechino nell’ottica del teatro europeo, mentre i suoi interessi sono ben più vasti e l’appoggio politico alla Russia dipende dal fatto che la Cina, oggetto di contenimento americano come anche sudcoreano e di altri Paesi del Pacifico, trova una sponda naturale in Mosca secondo il principio per cui il nemico del mio avversario è mio amico».

La controffensiva ucraina sarà l’ultima chance per il presidente Volodymyr Zelensky?
«Un anno fa ci chiedevamo se la guerra sarebbe finita l’8 maggio. Fare previsioni è impossibile: da una parte c’è un Paese che difende la propria libertà e indipendenza, e i russi per primi dovrebbero sapere a che punto può arrivare la resistenza di un Paese invaso, perché loro lo sono stati; dall’altra una potenza, la Russia, con uno spessore che le consente di assorbire perdite enormi e continuare a perseguire i propri obiettivi. Se e quando ci sarà la controffensiva, si misurerà quanto l’aiuto occidentale abbia permesso all’Ucraina di recuperare terreno. Il successo, o la misura del successo, determinerà la possibile soluzione del conflitto. Il risultato militare condizionerà il risultato politico».

Ultimo aggiornamento: 2 Febbraio, 18:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA