«La dieta che mi ha guarito dal diabete: mangiare rifiuti». La confessione di un giornalista inglese

Mercoledì 29 Gennaio 2020
«La dieta che mi ha guarito dal diabete: mangiare rifiuti». La confessione di un giornalista inglese
Andrew Mayers è malato di diabete di tipo 2, e per anni si è sentito ripetere dai medici che doveva cambiare dieta, basta zuccheri, basta carboidrati. Ma non ci è mai riuscito. «Ci ho provato» racconta. «Andavo a correre. A colazione al posto dello zucchero mettevo nel porridge le verdure: carote, fave, cipolle, broccoli, spinaci, verza. Mi dicevano: se insisti, vedrai che le papille gustative si abitueranno. Ma le mie papille gustative si rifiutavano di dimenticare il piacere dello zucchero che si scioglie sull'avena calda». Ora però Andrew ce l'ha fatta, è riuscito a rivoluzionare la sua alimentazione, ha perso peso e si è rimesso in regola con i livelli glicemici prescritti dai sanitari. Ma per ottenere questo risultato ha adottato uno sconcertante regime alimentare: mangia solo quello che trova tra i rifiuti.

Andrew Mayers non è un senza tetto, non è povero. Al contrario è un agiato giornalista del Guardian e oltretutto in casa sua vive una cantante di successo, la giovanissima popstar Jasmine Thompson (è la figlia della sua compagna). In un articolo per il quotidiano britannico Mayers ha raccontato la sua incredibile storia. «Da un anno non entro più nei supermercati, né nei fast-food, né nei take-away. Ma mangio ancora i loro prodotti: raccolgo il cibo che la gente spreca lasciandolo per la strada. È il mio personale Deliveroo, completamente gratuito». Il giornalista fa alcuni esempi: dalle insalate alla quinoa buttate al mercato, ai piatti non consumati dai clienti dei pub, ai piatti di riso con i gamberetti avanzati nei ristoranti giapponesi, ammucchiati accanto ai bidoni dell'immondizia nelle strade del centro di Londra.

Amici e parenti hanno cercato di dissuaderlo. «Mi hanno soprannominato il Gourmet dei cassonetti. Mia madre era inorridita, il mio medico era preoccupato. Pensavano che potessi prendermi qualche infezione, ed erano anche allarmati per la mia salute mentale: le persone perbene certe cose non le fanno». Eppure, tirando le somme dopo più di un anno, il giornalista sostiene di aver ottenuto soltanto benefici dalla sua spaventosa scelta alimentare: «Innanzitutto, ho miracolosamente evitato tutte le forme di pestilenza che secondo le previsioni di mia madre dovevano essere l'inevitabile conseguenza del mio “anti-igienico” regime. Scusami mamma, mi faccio schifo ma non ho provato schifo. Il miglioramento principale però ha riguardato il mio diabete: secondo il mio medico, prima o poi avrei perso la vista o un arto, invece non è successo e ne sono felice. Ho perso peso, un obiettivo che avevo fallito per anni». Costringendosi a cercare i propri pasti tra i rifiuti, di fatto Andrew ha mangiato di meno, ha inevitabilmente ridotto le porzioni, e ha dovuto fare esercizio fisico. Il grasso sulla pancia se n'è andato.

All'inizio la molla che ha spinto il giornalista a una scelta così estrema non è stata la voglia di stare in salute, ma l'insofferenza verso lo spreco di cibo. Mayers cita alcuni dati riferiti al solo Regno Unito: 10 milioni di tonnellate di spreco alimentare all'anno, di cui oltre 7 milioni prodotti dalle famiglie, mentre i locali pubblici buttano più di 300 milioni di pasti, per non parlare poi degli 11 miliardi di confezioni non riciclabili utilizzati dai fast food. (Si calcola che nel mondo ogni anno finiscano nella pattumiera un miliardo e mezzo di tonnellate di cibo, e che in Italia ogni cittadino butti 150 chili di cibo all'anno). «Sono stato stimolato - dice Mayers - anche dall'apatia generale delle persone, il “che ci posso fare”. Un paio d'anni fa, l'ultima volta che sono stato in ospedale per uno dei tanti ricoveri dopo la diagnosi di diabete, il tizio nel letto accanto al mio ordinava il pranzo e la cena ma poi neanche lo guardava, preferiva i manicaretti che gli portavano da casa. Gli ho detto: come puoi accettare lo spreco di tutta questa roba, e del lavoro che ci vuole per prepararla? Basterebbe scriverlo nel modulo che compiliamo la mattina. Ma a lui non interessava, pensava che quel cibo gli spettava e poteva farne ciò che voleva, lo aveva pagato con le sue tasse. E poi, a me che me ne importava? Per un attimo ho temuto che mi chiedesse se mi piaceva la cucina dell'ospedale (in effetti sì, mi piace)».

Alla fine, Mayers raggiunse un accordo: lui avrebbe rinunciato a ordinare il pasto, e il vicino di letto gli avrebbe permesso di mangiare i piatti che lui lasciava. «Una volta dimesso, ho avuto l'illuminazione: anche fuori dall'ospedale ero circondato da persone simili al mio compagno di degenza, che escono dai negozi con il loro cibo portatile in mano e poi lo buttano via dopo aver mandato giù qualche boccone». Così è cominciata la carriera di un Gourmet dei cassonetti. Qualcuno in verità dietro alla scelta di Meyers vede, più che una vocazione ecologista, una forma di tirchieria: mangiare rifiuti per risparmiare qualche spicciolo. L'interessato smentisce.
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