Le autorità di Belgrado hanno nuovamente invitato oggi i serbi che vivono e lavorano all'estero a non tornare in patria per non contribuire al contagio del coronavirus e non appesantire eventualmente la situazione delle strutture sanitarie nazionali. In una conferenza stampa la premier Ana Brnabic ha parlato di incredibili code di auto fino a 20 km alle frontiere con Ungheria e Croazia. Dal 14 marzo fino a stamane, ha detto, sono tornati in patria oltre 65 mila serbi.
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«La nostra preghiera è che restiate nei Paesi dove risiedete, poichè in Serbia è necessario mettersi in isolamento per 14 o 28 giorni ed è difficile controllare i movimenti.
Restare nei Paesi dove vivete e dove il sistema sanitario è più forte e ricco sarebbe un atto di «patriottismo», ha aggiunto, sottolineando come attualmente in Serbia vi sono forti restrizioni, con gli ultra 65enni che non possono uscire di casa, e il coprifuoco notturno dalle 20 alle 5. La premier non ha mancato di criticare anche i tanti calciatori serbi che tornano da Paesi esteri, «dove hanno contratti milionari», e che non osservano in Serbia l'obbligo dell'autoisolamento.