Coronavirus, l'Italia e altri otto Paesi Ue: «Vanno varati i Covid-bond»

Giovedì 26 Marzo 2020 di Marco Conti
Coronavirus, l'Italia e altri otto Paesi Ue: «Vanno varati i Covid-bond»

ROMA Pronti a far di tutto per salvare l'Europa, o quasi. Al bivio, imballati e anche un po' disorientati, i Ventisette si riuniranno oggi per la terza volta in dieci giorni. Ognuno alle prese in casa con i contagiati dal Covid-19 e una crisi economica alle porte in grado di far rimpiangere quella seguita al crollo delle borse del 2008. Dalla riunione di martedì scorso dell'eurogruppo sarebbero dovute uscire delle proposte che i capi di stato e di governo avrebbero dovuto valutare oggi, ma la riunione si è conclusa con un nulla di fatto.
Uno stallo che ha spinto nove paesi europei a inviare una lettera al presidente del Consiglio europeo Charles Michel nella quale Conte, insieme ad altri otto leader Ue di Belgio, Francia, Spagna, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Portogallo e Slovenia, auspicano una risposta europea «poderosa, coesa e tempestiva» anche sul piano economico-finanziario, con la creazione di uno «strumento di debito comune emesso da un'istituzione dell'Ue».

Coronavirus, Giuseppe Conte: «Nuovo dl da 25 miliardi», ma l’opposizione: ci esclude
Coronavirus, dai respiratori scomparsi al blocco delle mascherine: ecco l'Europa non-solidale

I PASSI
«Caro Presidente, caro Charles - si legge nella missiva che Conte ha poi postato sui social - la pandemia del Coronavirus è uno shock senza precedenti e richiede misure eccezionali per contenere la diffusione del contagio» e «limitare gli effetti negativi che lo shock produce sulle economie europee». Analizzati i passi che la Ue dovrebbe compiere sul piano sanitario, si passa alla crisi delle economie. «Le misure straordinarie che stiamo adottando per contenere il virus - si legge ancora nella lettera dei nove capi di stato e di governo - hanno ricadute negative sulle nostre economie nel breve termine. Abbiamo pertanto bisogno di intraprendere azioni straordinarie che limitino i danni economici e ci preparino a compiere i passi successivi». La lettera prosegue con il plauso per le misure adottate dalla Bce, dalla Commissione Europea e dalla Bei e poi arriva al nocciolo della questione. Ovvero come impedire che chiudano «interi settori dell'economia, che il minor numero di imprese fallisca, che la liquidità continui a giungere all'economia e che le banche continuino a concedere prestiti». «Dobbiamo lavorare - scrivono i nove - su uno strumento di debito comune (gli eurobond ndr) emesso da una Istituzione dell'Ue per raccogliere risorse sul mercato sulle stesse basi e a beneficio di tutti gli Stati Membri», «poiché stiamo tutti affrontando uno shock simmetrico esogeno, di cui non è responsabile alcun Paese, ma le cui conseguenze negative gravano su tutti».
 



Quattro pagine firmate in ordine alfabetico per paese dai nove leader, che suonano come un campanello d'allarme, o come un progetto che dovrebbe dare «un fortissimo segnale ai nostri cittadini» su quale sarà il destino dell'Unione. Non a caso nella lettera non si parla del Mes e delle sue linee di credito rafforzate di cui pur si discute, ma si va diretti all'obiettivo degli eurobond che di fatto viene indicato come l'unico mezzo in grado di salvare i paesi europei da una crisi devastante e l'eurozona da un suo possibile dissolvimento. D'altra parte attingere alle linee di credito rafforzate, messe a disposizione dal Fondo salva stati, permetterebbe all'Italia di poter disporre di circa 35 miliardi, ma a parte la difficoltà politica che incontrerebbe Conte a convincere il M5S all'utilizzo del Mes, sarebbe poca cosa rispetto alle esigenze che monteranno nelle settimane successive alla fine del contagio. La seppur timida apertura di Christine Lagarde all'emissione di debito europeo - seppur una tantum - è forse la conferma dell'esigenza di uno strumento ben più pesante che però deve fare i conti con la tenacia resistenza dei paesi del Nord Europa, in testa la Germania e compreso un Paese dal fisco generoso, per alcuni, come l'Olanda. La cautela del commissario europeo Paolo Gentiloni sul tema degli eurobond è dovuta a questa consapevolezza ma il tempo per far maturare una tale decisione comincia a scarseggiare visto che - senza patto di stabilità - l'eurozona sta iniziando a cumulare una quantità mostruosa di debito che in qualche modo andrà gestito.

Il problema è che ogni paese dell'eurozona deve fare i conti con il proprio elettorato e con un sovranismo e un antieuropeismo che rischia di montare a Nord o a Sul del Vecchio Continente a seconda di quale sarà la decisione finale. I segnali non mancano anche in Italia con Matteo Salvini che da giorni mette in guardia Conte dall'uso del Mes, mentre i suoi alleati olandesi o tedeschi dicono l'esatto contrario.

 

Ultimo aggiornamento: 11:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA