Corea del Nord, torture e aborti forzati nelle carceri di regime. «Orrori paragonabili ai gulag sovietici»

La no-profit "Korea Future" ha intervistato centinaia di sopravvissuti, testimoni e autori di abusi che sono fuggiti dal paese, facendo luce sulle atrocità del sistema penitenziario della Repubblica Popolare

Venerdì 24 Marzo 2023 di Lorenzo Bonuomo
Corea del Nord, torture e aborti forzati nelle carceri di regime: gli orrori svelati da un'indagine indipendente

Nella migliore delle ipotesi si è costretti a mangiare scarafaggi per estinguere la fame.

Nella peggiore, si viene picchiati a morte o costrette ad abortire contro la propria volontà. Nel mezzo può capitare di tutto: stupri, torture, lavori forzati, maltrattamenti di ogni tipo. 

Abusi che si verificano ogni giorno nell'inferno delle carceri nordcoreane, secondo un nuovo rapporto d'indagine pubblicato dall'associazione no-profit "Korea Future", da anni impegnata nel denunciare i «sistematici e diffusi» casi di violazione dei diritti umani nel Paese. Gli episodi non cessano di verificarsi, nonostante dieci anni fa le Nazioni Unite abbiano istituito una commissione d'inchiesta a riguardo. 

La no-profit ha intervistato centinaia di sopravvissuti, testimoni e autori di abusi che sono fuggiti dal paese. E poi ha esaminato documenti ufficiali, immagini di satellite, perfino  modellini digitali di strutture penitenziarie, per tracciare un quadro della vita all'interno delle prigioni della Repubblica Popolare: più di mille sono i casi di tortura documentati, oltre un centinaio soltanto quelli relativi alle esecuzioni sommarie. Il triste destino di molti oppositori del regime, dichiarati o presunti tali. 

La Corea del Nord spesso e volentieri risponde alle accuse di violazione dei diritti umani riducendole a presunte campagne diffamatorie orchestrate dagli Stati Uniti contro il regime di Kim Jong-Un. È accaduto appena una settimana fa, al termine dell'ultima riunione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu.

I testimoni degli abusi: «Non mi sentivo più nemmeno un essere umano»

Gli investigatori di Korea Future sostengono che molti detenuti sono stati così "disumanizzati" dai maltrattamenti, da iniziare addirittura a essere convinti di meritarseli.

Una di loro, che ha trascorso circa un anno dietro le sbarre di un carcere nordcoreano, ha paragonato il suo trattamento in carcere a quello di un animale: «Era come se fossimo conigli in gabbia», ha raccontato la sopravvissuta alla Cnn. L'emittente britannica ha evitato di rivelare il suo nome, dato che in Corea del Nord le famiglie dei "disertori del regime" possono essere facilmente perseguitate dalle autorità.

La cella, condivisa con un'altra detenuta, era grande non più di due metri quadrati: «Dormivamo a zig-zag e i piedi di un'altra persona mi toccavano le spalle - racconta - In cella non potevamo muoverci: dovevamo sederci con le mani lungo i fianchi e guardare in basso. Non potevamo neanche parlare. Si sentiva soltanto il respiro delle persone».

L'ex detenuta ha raccontato poi che in prigione si mangiava soltanto mais mescolato con crusca di riso, un miscuglio usato spesso come mangime per animali: «Quando avevo finito di mangiare, posavo il cucchiaio. E avevo ancora fame. C'era poco nutrimento in quel miscuglio, quindi non ci si sentiva mai sazi».

Nelle carceri coreane non è raro, infatti, secondo quanto emerso dalle testimonianze raccolte da Korea Future, che i detenuti si ritrovino costretti a ingurgitare insetti trovati in giro. Tutto pur di alleviare i morsi spietati della fame.

La testimone ha trascorso poco più di un anno, in carcere, dal 2015 al 2016: «Assomigliavo a uno scheletro. Quando mi hanno rilasciata sembrava come se fossi in punto di morte - e ha aggiunto - Non mi sentivo più un essere umano. Ho pensato spesso che sarebbe stato meglio morire, se avessi dovuto continuare a vivere in quel modo».

Campi di prigionia dei dissidenti politici

La Corea del Nord da anni finisce nel mirino di denunce per torture e abusi nei campi di prigionia politici noti come “Kwalliso” (di cui sono rarissime le fotografie scattate anche solo dall'esterno), da parte della comunità internazionale.  

Una storica indagine delle Nazioni Unite nel 2014 ha scoperto che Pyongyang stava usando impiegava questo tipo di campi, simili ai lager sovietici, per tenere sotto controllo il dissenso. Si stimava, in particolare, che nei Kwalliso vi fossero detenute fino a 120mila persone. A migliaia, quelle che morivano per le "indicibili atrocità".

«Paragonabile a quello dei Gulag sovietici, il sistema penale nordcoreano non tenta di riabilitare i detenuti in strutture sicure, né garantisce loro il rispetto dei diritti umani. Il suo scopo non è neppure diminuire la recidiva e aumentare la sicurezza pubblica, bensì isolare dal resto della società le persone il cui comportamento si pone in conflitto con l’autorità di Kim Jong-Un - afferma il rapporto di Korea Future - I detenuti vengono quindi rieducati attraverso il lavoro forzato, l'istruzione ideologica e la brutalità punitiva, allo scopo di costringerli all'obbedienza e alla lealtà incondizionata verso il Leader Supremo».

Ultimo aggiornamento: 21 Luglio, 15:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA