La distruzione da parte dell’esercito di Pyongyang della sede dell’Ufficio di collegamento tra le due Coree posto all’interno dei confini nordcoreani è un pericoloso gesto di ostilità, ma non un atto di guerra e – con ogni probabilità – non scatenerà un conflitto tra il Nord comunista e il Sud guidato dal presidente pacifista Moon Jae-in.
Corea, Kim Jong-Un fa esplodere l'ufficio di collegamento intercoreano a Kaesong
Questo pomeriggio (poche ore fa in Italia) i nordcoreani hanno fatto esplodere la sede diplomatica ma il loro atto si inquadra in una lunga serie di “provocazioni” che il regime di Kim Jong-un utilizza quando vuole comunicare (a suon di missili e bombe) con il mondo esterno. “Parlare a nuora perché suocera intenda”, è il caso di dire: dove la nuora sono i sudcoreani – dai quali sono tuttora divisi dal confine tracciato dopo la guerra fratricida del 1950-1953 – e la suocera è rappresentata dagli Stati Uniti d’America. Infatti il regime di Kim ha un (enorme) problema che soltanto Washington gli potrebbe risolvere: le sanzioni internazionali – volute dagli Usa e varate dalle Nazioni Unite - che strangolano l’economica coreana. Con l’embargo i progetti del trentaseienne Kim di iniziare riforme di mercato sul modello di quelle promosse da Deng negli anni Ottanta per modernizzare la Corea del nord come fece la Cina sono destinati a diventare carta straccia, e a indebolire agli occhi del suo popolo il prestigio del giovane leader che proprio sullo sviluppo di un paese arretrato ha incentrato la sua retorica politica.
Per questo la sempre più influente sorella di Kim – Kim Yo-Jong – poche ore prima che venisse ridotto in macerie, aveva definito l’Ufficio una sede “tragica” e “inutile”.