Con quel suo abbigliamento da scalcinato guerriero vichingo, Jacob Anthony Angeli Chansley aveva colpito l’immaginario collettivo. C’era chi l’aveva trovato simpatico e chi lo giudicava solo un buffone innocuo. Di certo, per un po’ ha fatto “trend”, tanto che varie riviste avevano indicato dove trovare i vari capi di abbigliamento che aveva sfoggiato. Diversa è stata l’opinione del giudice Royce Lamberth, che non si è fatto affascinare e a novembre lo ha condannato a 41 mesi di prigione per «aver ostacolato con condotta violenta il regolare svolgimento di una cerimonia ufficiale». Chansley, diventato noto come «lo sciamano di QAnon», era stato uno dei primi 30 insorti che si erano introdotti con la violenza nel Palazzo del Congresso il 6 gennaio dell’anno scorso, allo scopo di interrompere la procedura di ratifica della vittoria elettorale di Joe Biden. Le stesse telecamere della Camera lo hanno immortalato mentre grida che bisognava impiccare Mike Pence, il vicepresidente che si era rifiutato di disobbedire alla Costituzione e fare il gioco di Donald Trump.
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IL PROCESSO
Lo sciamano è uno dei 165 insorti identificati e già condannati, ma altre centinaia aspettano il proprio turno davanti ai giudici.
LA WAR ROOM
Nell’albergo sarebbe stata creata una «war room» a cui facevano capo le varie componenti della manifestazione «Stop the Steal», “Fermate il furto”, basata sull’infondata teoria che le elezioni fossero state «rubate». Le indagini sulla war room sono appannaggio della Commissione della Camera, composta da nove deputati, di cui solo due repubblicani. La commissione sarebbe stata divisa equamente fra i due partiti se il capogruppo repubblicano, Kevin McCarthy non avesse fatto pressioni sulla Pelosi perché includesse alcuni membri chiaramente compromessi con Donald Trump e il suo gruppo di consiglieri eversivi. Le stesse indagini della Commissione hanno confermato, per esempio, che il deputato Jim Jordan, proposto da McCartyhy, era in contatto telefonico con la war room mentre avveniva l’attacco.
La Commissione ha ascoltato 300 testimoni e ha ricostruito particolari inediti, come il fatto che Trump se ne stesse seduto nel suo studio a guardare la telecronaca dell’attacco al Congresso, rifiutandosi di richiamare all’ordine i suoi seguaci nonostante le suppliche che arrivavano anche dai suoi familiari, come Ivanka, e dai suoi sostenitori, come i giornalisti della Fox. Si è scoperto che Trump voleva sostituire in extremis il ministro della Giustizia con uno che gli prometteva di abolire i risultati elettorali in alcuni Stati. Molte cose, però, non sono ancora chiare, e chi le conosce si rifiuta di parlare. Bannon, consigliere di Trump, è stato incriminato per aver disobbedito a un mandato di comparizione e sarà processato a luglio. Stessa sorte rischia l’ex capo dello staff Mark Meadows. La Commissione promette che entro l’estate sarà in grado di presentare una prima stesura del rapporto, con una serie di udienze pubbliche che dovranno servire da monito perché simili attacchi alla democrazia non si ripetano.