L'Azovstal non ha ancora ceduto. All'interno e attorno all'acciaieria di Mariupol infatti si continua a combattere. Nonostante sembrasse ormai vicina la conclusione della vicenda con la resa di una parte dei combattenti ucraini, in realtà non lo è affatto. Il colosso industriale, per dieci settimane di fila bunker inespugnabile, non è ancora stato abbandonato, anzi. «Oggi è l'85esimo giorno di guerra. Io e il mio comando siamo sul territorio dello stabilimento Azovstal. È in corso un'operazione, i cui dettagli non annuncerò». Così infatti, in un laconico videomessaggio diffuso dopo quasi 24 ore in cui i media di Mosca lo avevano dato per arreso, sostenendo che avesse abbandonato i tunnel della resistenza per consegnarsi al nemico, il vicecomandante e portavoce del battaglione Sviatoslav 'Kalina' Palamar è rispuntato per sfidare la Russia.
I DATI
E con lui, gli altri vertici ancora dentro, come il maggiore Bohdan Krotevych, capo dello staff, che sui social ha avvertito: «La guerra non è finita», perché «noi siamo più deboli nel potenziale militare, ma la fiducia in sé del nemico è la nostra carta vincente».
LA RICHIESTA DI KIEV
In realtà però, secondo Denys Prokopenko, uno dei comandanti degli asserragliati, non sarebbe solo il Cremlino a premere per la resa. Ora infatti ci sarebbe anche Kiev tra coloro che chiedono alle truppe dell'Azovstal il cessate il fuoco. «Il comando militare superiore ha dato l'ordine di salvare la vita dei soldati della nostra guarnigione e di smettere di difendere la città» ha dichiarato in un video su Telegram in cui ha anche reso noto che si sta procedendo con l'evacuazione dei corpi di chi è morto combattendo.