Biden: armi chimiche, Nato pronta a reagire. In arrivo più soldati

Oggi il capo della Casa Bianca al summit: rafforzare il fronte Est. Draghi conferma l’impegno italiano: 2,% di Pil per le spese militari

Giovedì 24 Marzo 2022 di Alberto Gentili e Marco Ventura
Biden: armi chimiche, Nato pronta a reagire. In arrivo più soldati
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«L’uso delle armi chimiche da parte della Russia è una minaccia reale». Con questa denuncia, che è anche un avvertimento a Mosca, il presidente Joe Biden si presenta oggi a Bruxelles ai summit Nato e a seguire G7 e Consiglio Ue. Tre vertici che di per sé danno prova dell’unità dell’Occidente a un mese dall’invasione russa dell’Ucraina, con un’agenda di decisioni da discutere e definire. La prima, quale risposta dare se Putin ordinerà di usare armi chimiche già impiegate, sottolinea il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, non solo in Siria ma nell’attentato di Salisbury, in Inghilterra. 
Un attacco chimico in Ucraina «cambierebbe totalmente la natura del conflitto», mette in chiaro il segretario generale Stoltenberg. «Sarebbe assolutamente inaccettabile.

Qualsiasi uso di armi chimiche o biologiche, per i Paesi della Nato avrebbe conseguenze di vasta portata». Sullo sfondo il non detto, il timore di una scelta più drastica da parte di Putin, l’impiego di un’arma tattica, una piccola “atomica”, per saggiare il livello di sopportazione della Nato e dell’Occidente.

Ma Biden, che farà una “visita a sorpresa” al confine tra la Polonia e l’Ucraina nelle prossime ore, porta anche altro ai vertici di Bruxelles: dall’annuncio di ulteriori soldati americani su base «permanente oppure a rotazione» per rafforzare il fronte orientale dell’Alleanza, a una partecipazione più significativa nella Nato e alla costruzione di una nuova base militare a Est. La fonte, Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza nazionale Usa, citato dalla Cnn. La Nato, precisa Stoltenberg, ha la «responsabilità» di garantire che la guerra non si espanda oltre l’Ucraina. Quindi, che i membri dell’Alleanza non vengano coinvolti, ma anche che l’aggressione russa non si estenda ad altri Paesi. E un altro tema fondamentale, che avrà spazio nelle dichiarazioni finali, è l’atteggiamento da tenere con la Cina che si pone a metà del guado, strizza l’occhio a Mosca ma non ha interesse a prolungare il conflitto. Prevedibile pure che si ribadisca l’impegno a difendere, in base all’art. 5 del Trattato, ogni centimetro di territorio alleato, e in prospettiva a integrare la Nato e un esercito europeo. Al momento, sono oltre 100mila i soldati americani in Europa, 40mila quelli di altri Paesi. Infine, si deciderà come incrementare l’aiuto umanitario e militare all’Ucraina. La Nato, fa sapere Stoltenberg, ha schierato «otto battaglioni multinazionali dal Mar Baltico al Mar Nero», quattro dei quali “nuovi”, in Bulgaria, Croazia, Romania e Slovacchia. 

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Intanto Mario Draghi ha delineato in Parlamento la strategia italiana: più spese militari, pari al 2% del Pil, e maggiore coordinamento europeo. «I fondatori dell’Ue, tra cui De Gasperi, avevano come obiettivo la pace nel continente europeo. E proprio per questo avevano progettato la Comunità europea di difesa. Ed è proprio per questo che noi vogliamo creare una difesa europea e vogliamo adeguarci all’obiettivo del 2% del Pil che abbiamo promesso nella Nato», ha detto il premier.

La posizione dell'Italia

Le parole di Draghi sono echeggiate in un Parlamento dove rimangono delle divisioni. La prova è anche nel botta e risposta tra il premier e Vittorio Sgarbi. «Tolstoj diceva: “come non si può spegnere il fuoco con il fuoco, così non si può eliminare la violenza con la violenza”. Armare l’esercito ucraino è un modo per non interrompere la guerra e fa aumentare i morti», ha attaccato il critico d’arte. La replica di Draghi: «Se sviluppiamo le conseguenze di questo ragionamento, dovremmo lasciare che gli ucraini perdano il loro Paese e accettino la schiavitù. Questo è un terreno scivoloso che ci porta a giustificare tutti gli autocrati, tutti coloro che hanno aggredito Paesi inermi, a cominciare da Hitler e Mussolini».

Il premier tira dritto anche se ha ben chiaro che, nella sua maggioranza, ci sono posizioni anche diverse. Come quella di Giuseppe Conte, leader di M5S: «Con quale faccia, con questo caro-bollette e caro-benzina diciamo ai cittadini che ora bisogna dedicarsi alle spese militari?», ha detto incontrando i sindacati. Non è un caso che alla Camera i 5Stelle si siano astenuti, mentre il resto della maggioranza ha votato “no”, su una risoluzione di Alternativa (gli ex grillini) contro la crescita al 2% dei fondi per la difesa. E in serata il gruppo del Senato ha discusso di un ordine del giorno, collegato al decreto Ucraina, contro l’incremento delle spese militari. 

Ma malumori emergono anche nella Lega, esplicitati dal capogruppo al Senato Massimiliano Romeo: «Ci permettiamo di dare un consiglio al presidente Draghi, usi toni più pacati. In qualche occasione sono stati percepiti toni troppo belligeranti, il popolo si spaventa». I più “draghisti”, finora, sono stati quelli del Pd anche se ieri Enrico Letta, magari per sedare alcune voci discordanti all’interno del suo partito, ha smussato un po’ i toni: «Sulle spese militari il punto non è il 2%. Anche io, come Delrio, dico che ha poco senso che ogni Paese spenda di più senza introdurre una vera difesa europea. Quello è il nostro destino e razionalizzerebbe le spese, riducendole in Italia». Posizioni che, alla fine, impensieriscono relativamente il premier, sempre più deciso ad andare avanti per la sua strada. Quella tracciata nell’intervento dell’altro giorno a Montecitorio e che ribadirà davanti a Biden e ai leader europei.

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