Congo, morto Luca Attanasio. L’ambasciatore senza scorta: «È stato ucciso dal fuoco amico»

Martedì 23 Febbraio 2021 di Cristiana Mangani
Congo, morto Luca Attanasio. L ambasciatore senza scorta: «È stato ucciso dal fuoco amico»

Erano lì ad aspettarli: hanno bloccato la strada con dei grossi massi e al passaggio delle auto hanno cominciato a sparare. Un’imboscata in piena regola, nella quale sono stati uccisi l’ambasciatore italiano in Congo, Luca Attanasio, 43 anni, moglie e tre figlie piccole, il carabiniere di scorta Vito Iacovacci, 30 anni, e l’autista congolese Mustapha Milambo, sposato con 4 bambini.

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Sono passate da poco le nove del mattino in Italia, quando arriva la notizia dell’attentato.

Il convoglio composto da due auto del World food programme, è partito da Goma, capitale del Nord Kivu, verso Rutshuru, per visitare un progetto scolastico della zona e portare derrate alimentari, quando, all’altezza di Kilimayoka, nella località Nyragongo, un gruppo di sei uomini armati attacca la jeep sulla quale viaggiavano il diplomatico e il militare. Mustapha Milambo è il primo a essere ucciso. Gli altri vengono fatti scendere dall’auto e trascinati verso la foresta, con le mani legate. A poche centinaia di metri si trovano una pattuglia di ranger dell’Istituto congolese per la conservazione della natura e una vicina unità dell’esercito congolese. Raggiungono il luogo dell’assalto, scatta un conflitto a fuoco. Un membro della delegazione Onu, addetto alla sicurezza, prova a intavolare una trattativa, ma non ha successo. Il carabiniere rimane subito ucciso, l’ambasciatore è ferito. Viene trasportato a bordo di un pick up all’ospedale di Goma: è stato colpito all’addome, muore prima dell’arrivo. 

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A ucciderlo non è ancora chiaro se siano stati gli assalitori, oppure se sia stato fuoco amico: il diplomatico potrebbe essere finito nella traiettoria degli spari dei ranger. Un’ipotesi che, al momento, gli investigatori non escludono. Nell’auto con il diplomatico c’è anche un altro italiano, Rocco Leone, vice capo del Wfd in Congo. Viene portato anche lui in ospedale perché in stato di choc, fortunatamente è illeso.

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Il governo di Kinshasa punta il dito contro le Forze democratiche di liberazione del Ruanda (Fdlr), ribelli di etnia Hutu conosciuti per il genocidio in Ruanda del 1994, comandati da Paul Rwarakabije, che hanno stabilito la loro roccaforte nell’area dell’agguato, mentre l’Italia chiede un rapporto dettagliato alle Nazioni Unite. Perché un convoglio che doveva attraversare delle zone ad alto rischio non aveva una scorta adeguata? Il ministero dell’Interno congolese ha dichiarato che le autorità provinciali del Nord Kivu non erano a conoscenza della presenza dell’ambasciatore nell’area e che questo non ha permesso loro di fornirgli misure di sicurezza adeguate, né il loro tempestivo arrivo sul posto in «una parte del Paese considerata instabile e in balia di alcuni gruppi armati ribelli nazionali e stranieri». Il Pam ha tuttavia riferito che la strada era stata precedentemente controllata e dichiarata sicura per essere percorsa anche «senza scorte di sicurezza».

Nella morte dei due cittadini italiani sembra che il destino abbia voluto accanirsi: il mese scorso Attanasio aveva portato a compimento una gara per fornire all’ambasciata «un’autovettura blindata avente sette posti a sedere e con un livello di blindatura VR6, CIG 7864299». Il decreto di approvazione porta la data dell’8 gennaio, con l’assegnazione della gara a un’azienda di Barlassina per un importo di 205 mila euro. Da quel momento in poi, bisognava attendere «il decorso di 35 giorni» (fino al 13 febbraio, quindi) previsto dalla direttiva europea 66 del 2007, per dare modo agli altri partecipanti alla procedura di presentare eventuali reclami.

Oggi dall’Italia partiranno i carabinieri del Ros per tentare di ricostruire la vicenda, mentre il sostituto procuratore Sergio Colaiocco ha aperto un’inchiesta per attentato di natura terroristica. Sono tante le cose ancora da chiarire sull’agguato. Uno dei sopravvissuti, ascoltato dalle forze locali, ha confermato che gli aggressori parlavano tra di loro in kinyarwanda, mentre con gli ostaggi usavano lo swahili. Al momento non è giunta alcuna rivendicazione, anche se non si può totalmente escludere la pista che porta alle milizie pro-Isis, presenti in forze nell’est del Paese. Il gruppo delle Allied democratic forces (ADF), di origine ugandese, recentemente sospettato di adesione al jhadismo, opera di norma in una zona molto più a Nord di Rutshuru, nel parco di Virunga. L’attacco sarebbe stato parte di un tentativo di sequestro (probabilmente un sequestro lampo, come è prassi in quelle zone). O forse i rapitori avrebbero venduto gli ostaggi ai jihadisti, così come è successo con Silvia Romano. Di certo, chi ha agito sapeva della missione in corso. Non è ancora chiaro, poi, che fine abbiano fatto gli altri componenti del convoglio. Qualcuno dice che tre di loro siano stati rapiti ma, al momento, non ci sono conferme.

Secondo gli osservatori locali, dietro la recrudescenza delle violenze potrebbero esserci i crescenti sforzi dei ranger per fermare lo sfruttamento illegale delle risorse naturali del parco (in particolare carbone e pesce), importante fonte di sostentamento per numerosi gruppi armati locali. I guardaparco, peraltro, hanno incrementato la propria collaborazione con l’esercito congolese, promuovendo anche operazioni congiunte e condividendo informazioni d’intelligence. 

Grande dolore in Italia e in Europa per quanto accaduto. «Ho accolto con sgomento la notizia del vile attacco che ha colpito un convoglio internazionale - ha dichiarato in un messaggio di cordoglio il presidente Sergio Mattarella - uccidendo l’ambasciatore Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e il loro autista. La Repubblica italiana è in lutto per questi servitori dello Stato che hanno perso la vita nell’adempimento dei loro doveri professionali». E il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha espresso «profondo cordoglio» per le morti, e si è stretto «ai familiari, ai colleghi della Farnesina e dell’Arma dei Carabinieri». «Immenso dolore», anche dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che sta lavorando per riportare il più in fretta possibile le vittime in Italia.
 

 

Ultimo aggiornamento: 14:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA