Antonia Sautter: «La mia Venezia, un sogno senza tempo. Dal Ballo del Doge i semi del futuro»

Stilista e imprenditrice è l'anima del celebre ballo del Carnevale

Mercoledì 26 Aprile 2023 di DAVIDE SCALZOTTO
Antonia Sautter: «La mia Venezia, un sogno senza tempo. Dal Ballo del Doge i semi del futuro»

Venezia è donna, è una favola, è una visione. Trasferire queste definizioni ad Antonia Sautter significa avere in mano la chiave per aprire un mondo.

Quello di un’azienda, ma anche di un progetto che non smette mai di essere creatività: un atelier di costumi, una maison di moda, un evento (Il Ballo del Doge, la festa più importante del Carnevale veneziano), una “fabbrica di sogni” che impiega stabilmente 30 persone, di cui 26 donne. Tutto nato in una piccola bottega con un gruppo di amiche a creare abiti e a sognare di diventare come Dior. «La mia vecchia casa di famiglia, a San Tomà - ricorda - era diventata un ritrovo di artisti di ogni tipo. “Andiamo dalla Tonia” era diventato il mood di allora.

Ma era un’altra Venezia».

LE ORIGINI

 Papà tedesco, mamma di Pellestrina, arcigna e magica isola della laguna: le radici sono importanti per capire i frutti di una pianta. «Mia mamma era sarta - racconta Antonia Sautter - In realtà di Pellestrina era sua madre, mia nonna. Si innamorò di mio nonno, un teatrante di Salerno».Figurarsi, all’epoca cosa voleva dire, a Pellestrina, avere una ragazza che partiva con una compagnia di giro. In un’isola dove già mettevano una croce sopra se una Scarpa sposava un Busetto (o viceversa), peggio di Montecchi e Capuleti. Antonia Sautter oggi è Il Ballo del Doge, ma non solo. La festa è nata per caso, quasi per gioco nel 1994 a Palazzo Pisani Moretta, dove Kubrick girò le scene più roventi di Eyes Wide Shut. E non a caso che le maschere dell’orgia nel film le abbia create proprio Antonia Sutter. Nelle 30 edizioni del ballo sono passati vip, principi, gente comune, ricchi e sognatori. Tutti nascosti in un vestito, in una maschera. Cinquecento partecipanti, biglietti da 1.500 a 3.500 euro, tutto esaurito alla Scuola Grande della Misericordia trasformata in un luogo tra il felliniano e un mondo delle meraviglie. «Il bello del Carnevale è questo - aggiunge - Proietta tutti in un ruolo diverso, accomuna tutti nel sogno». Antonia Sautter è anche la stilista. «Nella squadra c’è grande confronto, grande lavoro, mi piace rendere vive le mie visioni. Gli abiti nascono con un occhio alla tradizione, a una ricerca filologica sui costumi d’epoca e con un occhio alla fantasia, alla creatività, perché a Venezia è sempre stato così. Gli artisti e i creativi hanno sempre aggiunto e loro visioni». Nascono così le regine: la regina del mare, la regina dei ghiacci... «Sono affascinata dalle regine - confessa - Una regina racchiude tutto di una donna. Mi piace scrivere favole e abbozzare i disegni dei miei abiti, a cui poi le brave stiliste, le sarte danno forma. Ogni abito è unico, cucito a mano, le stoffe le trovo dove capita, dove c’è qualcosa che mi piace. E abbiamo recuperato la tradizione della stamperia su tessuto veneziana, quella del Fortuny. Siamo artigiane».

Antonia Sautter è una imprenditrice che in questo ruolo si è trovata come naturale conseguenza di un percorso. Come se, nei panni di Alice, avesse inseguito il “coniglio bianco” dei propri sogni. Ma il mondo etereo di un sogno deve fare i conti con la praticità. «Certo, per fare impresa a Venezia ci vuole coraggio. Pensiamo agli ostacoli dell’acqua alta o, come quest’anno, dell’acqua bassa che ci ha rallentato le consegne degli abiti del Ballo del Doge. Pensiamo ai costi, agli spostamenti. Però lavorare qui non solo ti ispira, ma ti mette a contatto con la vera umanità. E molti giovani lo stanno capendo. Non credo che Venezia non abbia futuro, credo che abbia il seme per rinnovarsi senza tradire la propria storia».

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IL SEGRETO

 «Fare impresa da donna? In realtà siamo quasi tutte donne e un domani l’atelier Sautter sarà portato avanti da loro. Ma io non sono una che dà ordini come ai militari. Lavoro tanto io, per me il lavoro è tutto e non riesco a non lavorare, perché mi diverto». Il segreto? «La passione, come in tutti i lavori. L’aver sempre un progetto da portare avanti e lo stress di non essere mai soddisfatte. E poi avere i propri “angoli del cuore”. I miei? Creta, la Creta non turistica. E la passeggiata alle Zattere, da San Basilio a Punta della Salute. Mi ricorda quando ero bambina: da quel punto si apre un orizzonte grande, c’è spazio. C’è Venezia che continua».

Ultimo aggiornamento: 31 Maggio, 10:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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