La memorie delle stazioni, le prime foto firmate da una donna per l'Archivio Luce-Cinecittà

Mercoledì 28 Settembre 2022 di Maria Lombardi
Foto Anna Di Prospero

La ragazza in rosso non parte e non arriva. Sta lì, nelle stazioni vuote e ferme, e ci fa viaggiare in luoghi all’apparenza sconosciuti e anche un po’ misteriosi.

Eppure quella è Termini, quell’altra Santa Maria Novella, l’altra ancora Venezia Santa Lucia e così via. È solo che così non le avevamo mai viste, lo sguardo della ragazza in rosso si posa sulla luce che taglia i portici di Messina, sui binari deserti di Napoli, sulla cabina Ace di Milano Centrale, sugli specchi di Trieste e ci restituisce spazi nuovi.

Lo sguardo è d’autore, quello della fotografa Anna Di Prospero, è lei l’evanescente figura che compare in ogni scatto e sempre lei l’artista che dà una visione femminile di otto stazioni, da nord a sud. Trieste, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Messina, un viaggio nel tempo e nello spazio.

IL VUOTO

Com’erano, quegli scali, è raccontato dalle 92 foto dell’archivio Luce-Cinecittà esposte all’Auditorium Parco della Musica di Roma fino al primo novembre nella mostra La memoria delle stazioni. Tutte firmate da uomini. Come sono, lo rivelano le venti immagini della giovane fotografa romana, sarà sua la prima raccolta di scatti realizzati da una donna che andrà a colmare un vuoto degli archivi di Cinecittà. «Volevo dare un’immagine diversa da quella comune», spiega Anna Di Prospero, 35 anni, i suoi lavori esposti anche negli Stati Uniti. «La prima visione che abbiamo delle stazioni è quella della folla, dei treni, dei binari, tutto sempre in movimento. Nel mio progetto ho eliminato tutti questi elementi perché l’attenzione si concentrasse sul fascino e sulla bellezza di questi luoghi che solitamente non cogliamo. Per sottolineare questo aspetto ho lavorato sul rapporto uno a uno tra persona e spazio. La figura femminile sono io, è la mia cifra stilistica. Compaio sempre nelle mie immagini, vestita di rosso, un autoritratto senza volto». Le 20 foto sono il risultato di una lunga ricerca e di lunghe attese. «Ho consultato libri di architettura per trovare le immagini delle stazioni e studiato quelle postate dai viaggiatori su Instagram per avere un’idea del movimento della luce. Le stazioni sono isole per eccellenza, recarmi lì non con l’intento di partire mi ha consentito di distaccarmi dall’esperienza comune ed esaltare il luogo in sé».

La stazione che più l’ha affascinata? «Quella di Messina, l’ho trovata la più interessante. È rimasta più o meno quella degli anni Cinquanta, pochi negozi e cartelli pubblicitari, uno spazio immacolato». Tre milione e mezzo di foto e nessuna che porti la firma di una donna. «L’Archivio Luce custodisce tutte queste immagini scattate soltanto da uomini nell’arco di quasi un secolo», Chiara Sbarigia, presidente di Cinecittà, e curatrice della mostra, ha voluto colmare questo gap. «Mi è sembrato doveroso e per farlo mi sono affidata allo sguardo di una giovane fotografa di talento. Questa mostra riassume bene le linee guida del mio progetto culturale per Cinecittà, a partire dal ruolo centrale dell’Archivio Luce, un patrimonio inestimabile da divulgare e valorizzare». La raccolta di foto (arricchita da alcuni scatti della Fondazione Fs e dai racconti di otto scrittori: Gaia Manzini, Tiziano Scarpa, Enrico Brizzi, Sandro Veronesi, Melania Mazzucco, Valeria Parrella, Nadia Terranova) dopo Roma, andrà per il mondo. Prima tappa Parigi a metà gennaio. Prossimi progetti? «Il mio grande sogno - continua la presidente - è organizzare una mostra innovativa su Raffaella Carrà, a Cinecittà. Sono per un concetto di cultura più ampio e trasversale, penso che i generi si debbano mischiare e che il cinema sia il compendio di tutte le arti. Lo è stato sin dal primo fotogramma dei fratelli Lumière, il treno in movimento». 

Ultimo aggiornamento: 29 Settembre, 09:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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