Scott Schuman, The Sartorialist: «La vera passerella è sempre la strada»

Venerdì 11 Settembre 2020 di Anna Franco
Scott Schuman, The Sartorialist: «La vera passerella è sempre la strada»
«I modelli sulle riviste? Sono una finzione!». Scott Schuman, 51 anni, meglio noto come The Sartorialist, ne ha avuta la certezza quando si è trasferito dal nativo stato dell'Indiana a New York, dove tuttora vive e lavora. «Trovo le persone reali e il loro stile più eccitanti e interessanti». Fin dal settembre 2005 Schuman ha iniziato a fotografare i modelli per caso della strada e a postarli sul suo blog The Sartorialist. Un luogo virtuale che è diventato in breve seguitissimo da tutti gli appassionati della moda e non solo. E lui si è trasformato nell'antesignano della moda online, padre fondatore di un nuovo genere: la fotografia di street style. Da allora, influencer e aspiranti tali, ma anche compassati addetti ai lavori, darebbero via l'intero guardaroba pur di guadagnarsi 15 minuti di celebrità apparendo sulla pagina web di Schuman.

Cosa l'ha spinta verso questo tipo di fotografia?
«Ho pensato che sarebbe stato un hobby divertente e avrei avuto un punto di vista diverso sulla moda rispetto agli altri, quindi qualcosa di unico da offrire».
Com'è la foto di street style durante una pandemia?
«Il modo in cui ti avvicini alle persone per strada ora è basato su gentilezza ed empatia. È più difficile comunicare indossando una maschera e col linguaggio del corpo non verbale, ma riesco comunque a catturare alcune immagini. Non vado a nessuna sfilata da marzo, ovviamente, ma gli show sono sempre state solo una parte del mio lavoro. Essere per le strade di New York sarà sempre la fonte principale della mia ispirazione».
Quindi si è adattato, malgrado tutto?
«Sì, devo scattare quando le persone sono in città, principalmente nei fine settimana e la sera dopo il lavoro. Sono sempre molto positivo, anche se questo periodo ha spesso messo a dura prova il mio umore, lo ammetto. L'approccio migliore rimane documentare in modo veritiero e artistico ciò che vivo».
Le manca qualcosa?
«La sorpresa. Molte persone non si vestono più per divertirsi ed esprimersi. È un peccato ed è tutto più piatto».
È appena uscito, per Rizzoli, il suo quinto libro, The Sartorialist Man. Com'è stato pensare solo alla moda maschile?
«Ho sempre detto di fotografare donne in base all'esperienza, visto che ho lavorato nella moda femminile per 15 anni, prima di The Sartorialist, e di fotografare uomini in base all'intuizione. Sono tutti molto naturali ed è facile connettersi emotivamente. Ho lavorato a questa pubblicazione per due anni».
Com'è nata l'idea?
«Lo stile e la moda maschile sono cambiati così tanto nell'ultimo decennio che ho pensato fosse un buon momento per celebrare la splendida diversità degli uomini. Sono orgoglioso che questo libro ne includa di tante diverse categorie e li tratti tutti con gli stessi rispetto e dignità».
Look maschili da copiare?
«Adoro l'eleganza discreta di uomini come Giorgio Armani, George Cortina e Noboru Kakuta. Si vestono in una tavolozza di colori molto limitata e in forme semplici, ma c'è sempre un forte elemento moda nel look che li salva dalla noia. I loro vestiti si adattano perfettamente ai loro corpi e loro si assicurano che i corpi siano perfettamente in forma».
Il designer più interessante?
«Pierpaolo Piccioli di Valentino - che ha anche scritto la prefazione del libro - Eccelle a tutti i livelli di design: vestibilità, mix di colori, pattern e stampe. E, poi, propone interessanti combinazioni di riferimenti, continua evoluzione e rivoluzione di idee e un certo fascino gentile. Ma ci sono anche altri grandi designer per l'uomo, marchi sportivi e singoli sarti».
Per l'uomo c'è una barriera tra classico e alla moda?
«Sì, ma le pagine più belle del mio libro mostrano come un abito blu scuro può essere indossato in modo molto classico o molto alla moda e rimanere ugualmente chic».
Possibile e necessario amare un capo a lungo?
«Sicuramente. Ho molti abiti che indosso da molto e li conservo come ricordo anche quando non li metto più. Ho ancora i primi capi Armani che ho comprato quando ero al liceo nel 1982. Ero così orgoglioso di averli che per un po' non li portai per averli perfetti nel mio armadio. Sono sempre stato più interessato al design di un oggetto che allo status che mi avrebbe dato».
Grandi store hanno chiuso, la fashion week di New York sarà in ribasso. Com'è cambiata la percezione della moda negli Stati Uniti?
«A livello di designer è un po' dimenticata in questo momento, ma le persone si preoccupano ancora di come appaiono e di come si abbigliano. Questo periodo cambierà radicalmente il modo in cui ci vestiamo per il prossimo futuro e può essere molto positivo per la moda se gli stilisti lo vedono e lo accettano. Penso che un buono stile vinca sempre e che batterà comunque marketing esagerato e influenza dei media».
 
Ultimo aggiornamento: 09:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci