Teste di leone e lupi da Schiaparelli a Parigi: c'era anche Chiara Ferragni. Bufera sui social: «Non è arte»

Martedì 24 Gennaio 2023 di Costanza Ignazzi
Schiaparelli e gli abiti con le teste di animali alla sfilata di Parigi scatena bufera social (anche su Chiara Ferragni)

Teste di leone sugli abiti da sera, lupi sulle pellicce e perfino un ghepardo delle nevi. È polemica social sulla sfilata di Schiaparelli a Parigi, ispirata all'Inferno di Dante e che però, secondo i social, era più un inno alla caccia di specie in via di estinzione. In prima fila Chiara Ferragni, che indosserà Schiaparelli a Sanremo, finita suo malgrado nella bufera per non essersi tenuta abbastanza lontana dalle fiere (ha pubblicato un selfie con Kylie Jenner in tenuta "leonina").

Daniel Roseberry nella bufera

Il direttore creativo di Schiaparelli ha voluto portare in passerella una rilettura dell'Inferno di Dante. Tre look per ciascuno dei nove gironi dell’inferno e un bosco inesplorato popolato da belve, il leone, il lupo e la lonza "indossati" da tre top quasi altrettanto mitologiche: Naomi Campbell, Irina Shayk e Shalom Harlow.

Le teste (eccezionalmente verosimili), sono state modellate con la resina e, hanno precisato dalla maison, nessun animale è stato maltrattato o ferito per crearle. Ma lo spettacolo non è stato ben capito dai social, che si sono scatenati al grido di «E questa sarebbe arte?». I profili di Schiaparelli e di ogni influencer presente nel front row sono stati presi d'assalto: «Non la vedo come una celebrazione della gloria della natura, ma piuttosto come un inno alla caccia», si indignano gli utenti, e perfino la Ferragni corre ai ripari precisando che la testa di leone indossata dalla collega Jenner è finta (sì, qualcuno ci era cascato). 

 

Il confine tra moda e politically correct

«Perché non indossare una testa umana, qual è la differenza?», commenta qualcuno, mentre qualcun altro azzarda un paragone con l'ultima collezione "scomoda" finita nella bufera: quella di Balenciaga additata per l'associazione tra bambini ed elementi fetish e per la quale la maison ha dovuto fare un pubblico "mea culpa". Secondo i più "morbidi" si tratta di abiti difficilmente indossabili nella vita reale (considerazione superflua: parliamo di haute couture), mentre per gli altri Naomi che sfila con la testa di lupo sulla giacca è l'equivalente di un cacciatore che pubblica sui social le foto del suo trofeo. 

Schiaparelli fin dagli esordi si è contraddistinto per il design fuori dagli schemi. La nomina di Daniel Roseberry, nel 2019, ha segnato una rinascita per il marchio creato dall'italiana Elsa, ideatrice, tra le altre cose, dell'abito aragosta, di quello scheletro (in collaborazione con Dalì) e di quello che oggi conosciamo tutti come il colore fucsya. Con Roseberry si è recuperato molto dell'estro delle origini: l'abito "scolpito" come un busto femminile, i gioielli importanti, i fiori in volume che si sviluppano sui bustier. Ma quando è troppo? Quando la moda smette di essere arte e deve piegarsi al politically correct e pensare prima al messaggio e solo in un secondo momento all'estetica? E se c'è un confine, chi lo decide? 

Ultimo aggiornamento: 25 Gennaio, 15:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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