Da Jacquemus a Valentino i brand recuperano il passato: e per i millennial è passione vintage

Venerdì 27 Novembre 2020 di Anna Franco
Da Jacquemus a Valentino i brand recuperano il passato: e per i millennial è passione vintage

C'è un lettore cd portatile, con le cuffie ad archetto e il padiglione ricoperto di spugna arancione. Roba da far venire un infarto a patiti di estetica o di alta fedeltà sonora. Ma compaiono anche una preistorica console da gioco e l'inossidabile cellulare Nokia 3210. Nessun banchetto dell'usato: sono gli oggetti protagonisti, insieme alla top model anni Novanta Laetitia Casta, della campagna autunno/inverno 2020 di Jacquemus.

Una casa di moda che esiste da appena dieci anni per la quale il fondatore e creativo Simon Porte Jacquemus, appena trentenne, ha pensato una serie di immagini da ritorno al futuro intitolandole L'Année 97.

Instagram, 5 profili sulla moda da seguire in quarantena (diversi dai soliti influencer)

Jacquemus sfila nei campi di grano: «L'Amore è nelle piccole cose»


INSTAGRAM
Una maison storica come Valentino, invece, ha rivitalizzato e di dato nuovo lustro e brio al suo logo anni Settanta, quello della V circondata da un ovale. Un simbolo un po' rigido e che sembrerebbe poco adatto ai nostri tempi, ma che si affaccia sul futuro grazie a un libro e ad alcuni meme su Instagram. Il primo è l'innovativo volume Valentino Garavani VLogo Signature Uncensored Project, curato dal direttore creativo Pierpaolo Piccioli in collaborazione con 16 fashion magazine indipendenti che hanno analizzato sotto una nuova luce quel simbolo modernista. Mentre sui social sono state create, da account specializzati, situazioni virali che coinvolgono la famosa V. Un progetto tra arte e moda che punta a scavalcare i paletti del tempo, così il passato diventa fulcro creativo per la progettazione di nuove proposte.


Se è nota la costante full immersion di Alessandro Michele negli anni Settanta e nel vintage, sia come scelta di vita che come predilezione stilistica per Gucci, pochi sapevano che anche Raf Simons avesse un animo retrò. Il prossimo mese sarà in vendita la collezione Raf Simons Archive Redux, che celebra i 25 anni di attività con una riedizione dei cento capi più rappresentativi della carriera del designer. Avrà fiutato l'affare: un suo bomber in pelle del 2003 è venduto sui siti di reselling a oltre 65 mila dollari. La casa di moda Azzedine Alaïa ha riaperto la sua Petite Boutique, anche online. Questo luogo tanto caro al defunto couturier proporrà ogni stagione 30 riedizioni, che manterranno gli stessi tessuti e perfino la stessa silhouette e saranno corredati da un'etichetta speciale con anno di creazione e storia del percorso creativo.


Francesco Risso, alla presentazione della primavera/estate 2021 di Marni, ha dichiarato di voler valorizzare l'archivio. Alcuni pezzi d'antan sono stati smontati e rimontati in nuove silhouette, come i capispalla creati da cappotti del passato. Ricerca dell'heritage anche per Fay Archive, con modelli delle origini riportati a nuova vita. Per il suo debutto nell'haute couture Olivier Rousteing, da Balmain, ha proposto anche 13 pezzi ideati dal fondatore e dai suoi successori Eric Mortensen e Oscar de la Renta, più altrettanti del primo decennio di Rousteing alla maison. Jeremy Scott fa un salto nelle origini di Moschino con la Resort 2021, tra orsetti, pois e la maglietta con slogan I don't speak Italian, but I do speak Moschino del suo debutto del 2014.


I MILLENNIAL
In un momento assai delicato, il passato è rassicurante e accentua la credibilità di un brand. «Le case di moda devono continuare a presentare qualcosa di nuovo - spiega Paolo Ferrarini, docente di Metodologia della moda presso l'Accademia di costume e moda di Roma - ma quando è difficile guardare solo al futuro si esce dall'empasse rivolgendosi a ciò che è stato. Le nuove generazioni sono profondamente attratte dal vintage o dalla retrotopia, per usare l'espressione del sociologo e filosofo Bauman».
Non a caso, due giorni fa il quotidiano americano della moda WWD pubblicava in cover un'inchiesta sull'amore viscerale dei Millennial orientali per i capi tradizionali di secoli fa. «I ragazzi di oggi si sono affacciati al mondo accompagnati da parole come crisi, terrorismo e, ora, pandemia - continua Ferrarini - Sono cresciuti guidati dal mantra del difficile e il mondo di ieri sembra assai più rassicurante dell'incerto domani. Si tratta di un bisogno univoco per tutto il mondo. Ovviamente, la comunicazione e il marketing si adeguano a questa necessità di conforto, che è già tipica normalmente del tempo natalizio».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA