Dior a Parigi veste i nuovi stati d'animo

Mercoledì 30 Settembre 2020 di Anna Franco
Dior a Parigi veste i nuovi stati d'animo
In questo lungo periodo che ci ha visti spesso chiusi in casa, limitati nella nostra attitudine sociale, ci siamo resi conto che il vero spazio sul quale possiamo avere qualche governo è quello del nostro corpo. È partita da questa riflessione molto intima Maria Grazia Chiuri, direttrice artistica donna di Dior, che ieri ha aperto la settimana parigina della moda per la primavera/estate 2021 con uno show fisico. «Ogni maison ha un piano B, in caso di necessità - ha assicurato Ralph Toledano, presidente della Fédération de la Haute Couture et de la Mode - Gli show saranno a cavallo tra mondo fisico e digitale».

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IL RELAX
Proprio il digitale ha permesso a tutti di rimanere collegati col resto del mondo e di lavorare, ma ha anche concesso a molti di vestirsi in modo più confortevole e rilassato. Quello che la Chiuri ha portato in scena a suo modo, lasciandosi ispirare da artiste del passato, che, in forza del loro lavorare da casa, spesso indossavano camicie over, come Susan Sontag, o strati di capi, come Virginia Woolf, oppure amavano scrivere in vestaglia, come Simone de Beauovoir. «Ho letto un'intervista a quest'ultima uscita sul Guardian nel marzo del 1960 - racconta la Chiuri - e mi ha molto colpito il suo apparente disinteresse per i vestiti, il desiderio di non sentirsi costretta mentre lavorava e il suo vedere gli abiti come souvenir dei vari Paesi visitati».
Le forme comode e rilassate lasciano per un momento da parte la giacca bar, che si evolve nelle linee mai costringenti di un kimono simile a casacca da camera, e guardano a due bozzetti di Christian Dior del 1956 per un paletot dedicato al Giappone e alla linea Trapeze del 1958 inaugurata da Yves Saint Laurent, appena approdato da Dior. Comun denominatore: linee fluide e comode.

LE DIVERGENZE
«Il mio scopo - afferma Maria Grazia Chiuri - è creare abiti belli e che facciano star bene chi li indossa. Non voglio che il corpo si debba adattare al vestito. Per me è importante il contrario: i capi devono conformarsi alle forme di chi li indossa, ma anche al pensiero o a uno stato d'animo». In questo senso la stilista non nasconde una certa divergenza di vedute con l'heritage degli atelier francesi: «Qui si parte dal manichino sul quale si costruisce il vestito, lo stesso Christian Dior modellava il corpo su queste silhouette. Io, probabilmente perché figlia di un'epoca di ribellioni, ma anche perché vengo dall'Italia, la vedo in modo opposto. La penso come Nanni Strada, genio dell'industrial design, che considera l'abito come il nostro habitat fondamentale».
Una diatriba che si trasforma in dialogo tra le due scuole di pensiero italiana e francese smussata nelle asperità da tanti capi in maglia, morbidi e duttili, in cotone, lino, cashmere e chiné, tessuto in seta che compone fantasie sfumate grazie alla colorazione del filo. Paisley e ricami di fiori con microperline si rincorrono su pantaloni ampi, su gonne allargate in vita da coulisse, su abiti lunghi in mussolina di seta dai colori polverosi e su spolverini, vestaglia e micro top e short in maglia. Tutto si mischia, come la suola delle ballerine con la tomaia ricamata a rete, i materiali più corposi col pizzo, le camicie maschili e quelle che si allungano a diventare vestiti caftano, le nappe coi ricami sulle borse. «Proprio come nei collage della poetessa visuale Lucia Marcucci, che ha curato la scenografia della sfilata»: vetrate gotiche tappezzate di figure antiche e di moderne immagini di riviste.

IL GRATTACIELO
Gli abiti, invece, diventano scudi da Marine Serre: body e tute seconda pelle sotto a giacche utility e pantaloni cargo in nylon o a gonne e ricavate da vecchi tappeti. Tessuti tecnici anche da Coperni, che ha sfilato sulla terrazza del più alto grattacielo di Parigi, La Tour Montparnasse: il jersey è immerso in una soluzione che lo renderebbe antiUV e antibatterico. Da Victoria/Tomas l'abbiglaimento è reversibile: casual e formale insieme, ufficio e vita privata. La camicia diventa tunica, la giacca tecnica va con le frange, il completo è per lui e per lei.
 
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