La ricerca: «Ragazze più insicure e pessimiste dei loro coetanei: non si sentono ascoltate»

Venerdì 17 Gennaio 2020 di Maria Lombardi
La ricerca: «Ragazze più insicure e pessimiste sul futuro dei loro coetanei: non si sentono ascoltate»

Più insicure dei loro coetani, più pessimiste sul futuro e soprattutto frenate dalla sensazione che la loro voce non sia ascoltata. Ecco le ragazze della generazione Z, quelle che hanno tra i 17 e i 19 anni. Hanno meno fiducia nella possibilità che il mondo del lavoro offra loro spazi per mettersi alla prova rispetto agli studenti della stessa età. Soprattutto quelle del sud percepiscono più forte la mancanza di considerazione. Il ritratto dei teen che emerge in una ricerca dell'università La Sapienza che ha coinvolto 1.097 studenti in dodici città italiane. Le figlie, insomma, non così diverse dalle mamme in quanto ad autostima.

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«Quel che emerge dalle risposte è che le ragazze hanno meno fiducia in loro stesse dei maschi della stessa età e di conseguenza meno resilienza, ossia non credono abbastanza nella capacità di riprendersi dopo una crisi», spiega Emiliane Rubat du Mérac, co-autrice dell’indagine e ricercatrice del dipartimento di psicologia e processi di sviluppo e socializzazione della Sapienza. «Sono più pessimiste e negative sulla possibilità di essere ascoltate e far vedere di cosa sono capaci, di avere spazio per mettersi alla prova. Più dei ragazzi sono sfiduciate anche rispetto alla speranza di fare il lavoro che vorrebbero e di poter scegliere. E sentono di aver minore voce in capitolo in confronto dei loro coetanei. É come se le ragazze fossero ancora impregnate degli stereotipi sociali che vogliono le donne obbedienti e gentili, apprezzate proprio perché non fanno rumore, occupano gli spazi che vengono loro offerti ma quando si tratta di conquistarne di nuovi si trovano in difficoltà. Le ragazze però sembrano più duttili, dotate di maggior apertura percettiva, mentre i maschi sembrano delineare con più decisione le loro priorità».


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Tutti, sia ragazzi che ragazze, hanno più dubbi che negli anni passati su cosa fare dopo la scuola.

Il 5,5% in più, rispetto ai coetanei dell'anno prima, pensa di non iscriversi a un corso di laurea dopo la maturità, rivela la ricerca Teens' Voice condotta dalla Sapienza di Roma e Il Salone dello studente Campus Orienta. «Emerge una maggiore perplessità sul futuro e sull'università», commenta il professor Pietro Lucisano, docente di Pedagogia sperimentale al Dipartimento di Psicologia dei Processi di sviluppo e socializzazione della Sapienza di Roma e presidente della Società italiana di ricerca didattica. «Questo dipende anche dal fatto che il mercato del lavoro tende a privilegiare nell'immediato titoli di studio bassi e le famiglie spesso si trovano in difficoltà a fare fronte alle spese universitarie. Non a caso è cresciuto tantissimo il numero degli studenti lavoratori».

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Per quanto riguarda la facoltà, gli studenti scelgono più in base agli interessi personali che alle prospettive di lavoro. I giovani sono molto più impegnati che in passato nelle associazioni: si è passati dal 10% del 2016 al 24% nel 2019. Un fatto molto positivo, secondo i ricercatori. «C'è un maggiore desiderio di partecipare e determinare così il proprio futuro - commenta du Mérac - in passato prevaleva la critica sociale senza una visione su cosa poter fare per il cambiamento. Adesso i ragazzi tendono a prendere in mano il loro futuro, c'è più protagonismo e un poco più di ottimismo». 

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Solo il 48% però ritiene che il proprio futuro sarà migliore di quello dei propri genitori, ma la maggioranza, il 54% ritiene che ai propri figli andrà meglio. Questi ragazzi sembra percepirsi quasi come una “generazione di mezzo”, di passaggio fra l’era del welfare e quella della digitalizzazione delle professioni.
«La ricerca offre la fotografia di una generazione per cui la scuola rappresenta un’esperienza positiva e che si attende dall’università un’esperienza formativa qualificata», commenta Domenico Ioppolo, Chief operating officer di Campus Orienta - Salone dello Studente. «La curiosità e voglia di imparare è il motore più potente di sviluppo ma è anche la motivazione che i ragazzi hanno detto di prediligere; vogliono allargare i loro orizzonti, imparare e scoprirsi attraverso un percorso che li faccia crescere come persone. Parallelamente sono consci del digital mismatch, lamentano la scarsa tecnologia presente nelle aule e i tre quarti ritengono di essere tecnologicamente più aggiornato dei propri professori». A scuola i bocciati sono in aumento, il 2% in più dell’anno scolastico precedente. Quelli respinti almeno una volta sono il 10% degli intervistati, l'84 per cento sempre promossi.

Ultimo aggiornamento: 19:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA