«Troppe poche donne esperte di tecnologia, così il futuro sarà in mano agli uomini»

Martedì 21 Maggio 2019 di Maria Lombardi
Darya Majidi
Darya Majidi, imprenditrice digitale, si definisce una femminista tecnologica.
Che cosa intende?
«Mi sono scoperta femminista a 50 anni perché la tecnologia è in mano agli uomini. Avanti così e il futuro di tutti sarà progettato unicamente da loro. I dati ci dicono che solo il 14 per cento delle risorse umane coinvolte nelle tecnologie dell’informazione è rappresentato da donne. Un dato allarmante e al di sotto della media europea. Pochissime occupano posizioni di rilievo nelle aziende digitali e ancor meno si occupano di Intelligenza Artificiale». Le conseguenza di questa scarsa presenza quali saranno?
«Tutti i sistemi di intelligenza artificiale rischiano di avere dei pregiudizi legati al genere se le donne non apporteranno il loro contributo di conoscenze e competenze. Faccio un esempio: se digito su Google la parola donna, come prima risposta mi dà soltanto donne bianche. Se cerco la parola amministratore delegato, trovo solo uomini bianchi. È evidente che l’algoritmo di Google è sessista e ha pregiudizi. Ancora più preoccupante il caso di Amazon: l’algoritmo usato per la ricerca di persone competenti ha scartato tutti i curricula femminili. Adesso, mentre nell’algoritmo tradizionale è l’uomo ad inserire le informazioni, nel caso dell’intelligenza artificiale l’algoritmo apprende e se io fornisco dati parziali e con pregiudizi il sistema replica quello che ho insegnato».

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La nostra vita rischia di essere dominata da codici scritti da uomini.
«Certo, l’intelligenza artificiale è un’arma potentissima, le donne se ne devono appropriare».
Perché secondo lei poche donne ancora scelgono studi informatici e tecnologici?
«Un problema culturale, a mio avviso. Continua a prevalere lo stereotipo secondo il quale le donne non sono portate per la tecnologia. È roba da uomini, si dice. E invece non è vero. Il ruolo dei padri nella self-confidence femminile è fondamentale. Mio padre mi ripeteva sempre: tu sei un campione. Forse dobbiamo noi per prime liberarci dai pregiudizi culturali che trasmettiamo alle nostre figlie».
Qual è stato il suo percorso?
«Sono nata nel 1968 da padre iraniano e madre istriana. Quando mi sono iscritta alla facoltà di Scienze dell’informazione e informatica a Pisa, su 600 matricole le donne erano il 20%. Il problema è che sono tuttora il 20%. Poi mi sono specializzata in Intelligenza artificiale. A 28 anni ho creato la mia prima start up, Synapsis, spin-off della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Ho fondato e sviluppato alcune società high tech che oggi danno vita alla holding Daxo Group, di cui sono ceo».
E poi ha scritto il libro “Donne 4.0” per incoraggiare le più giovani a diventare protagoniste di questa rivoluzione.
«L’ho scritto in due tempi. La prima parte quando avevo 40 anni e la seconda a 50. Lo scenario lavorativo e i modelli di sviluppo sono cambiati e danno alle donne la possibilità di esprimersi di più. C’è una maggiore elasticità nella gestione del tempo che consente più facilmente di coniugare lavoro e famiglia. E poi ormai è chiaro a tutti che l’intelligenza emotiva è uno skill che i futuri manager dovranno avere. Le nostre capacità come l’empatia, l’attitudine a lavorare in squadra e a vedere connessioni che gli uomini non vedono, l’intuizione sono considerate abilità manageriali. Il futuro è il connubio tra intelligenza artificiale e intelligenza emotiva. Se i robot che entreranno nelle nostre case saranno progettati solo da uomini sarà per noi un problema».
E le giovani come accolgono il suo messaggio?
«Restano colpite. Se ascoltano la testimonianza di una donna che ce l’ha fatta, acquistano fiducia. E sempre di più stanno arrivando a capire che la tecnologia è uno strumento di libertà. Solo con la capacità delle donne di governare la tecnologia si potrà ridurre il gender gap».
Deficit di autostima se le donne faticano a misurarsi con l’intelligenza artificiale?
«Ma certo, si dice sempre che le donne hanno bisogno di badanti tecnologici.
Una sciocchezza. Come accendiamo il forno, così studiando e impegnandoci possiamo creare un algoritmo. Alle ragazze che incontro nei corsi e alle presentazioni affido le mie tre C: coraggio, competenza, cuore. Le persone istruite trovano lavoro, ciò che forse manca alle nostre ragazze è il coraggio. Non bisogna dire a una giovane fai la brava. Bisogna ripeterle: vai e spacca il mondo. Quando le donne mettono il cuore nel loro lavoro lì nasce il capolavoro. E quando inietteremo l’intelligenza emotiva nell’intelligenza artificiale creeremo sistemi di cui potersi completamente fidare».
Ultimo aggiornamento: 27 Febbraio, 04:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA