Anoressia, le "guerriere" di Instagram: «Così un hashtag ci ha salvato la vita» Cos'è un profilo recovery

Giovedì 14 Novembre 2019 di Veronica Cursi
Anoressia, le "guerriere" di Instagram: «Così un hashtag ci ha salvato la vita» Cos'è un profilo recovery

«Per la prima volta oggi dopo 3 anni ho mangiato come tutti. Con un qualcosa preso dallo stesso vassoio, preparato da mamma, come ai vecchi tempi. Non avevo più mangiato come gli altri. Mai. Oggi ce l’ho fatta. E’ stato così bello, mi sembrava di essere tornata bambina». Emma, toscana, ha 19 anni e studia al primo anno di scienze infermieristiche. Sul suo profilo Instagram scorrono foto, racconti e hashtag. Solo che, a differenza dei profili social di molte giovani della sua età, i post che pubblica sono perlopiù immagini di piatti accuratamente scelti e preparati. Pasti che raccontano le tappe di un percorso verso la guarigione da un male - quello dell’anoressia - e di come la rete possa essere una terapia per uscirne. Lo è stato per lei che sul web ha dato vita alla #maxibonchallenge. «Una sfida che consiste nel pubblicare foto o video mentre si mangiano cibi che fino a quel momento facevano paura. Perché quando hai disturbi alimentari e vivi contando calorie anche una manciata di riso può diventare il tuo peggior nemico». A 16 anni Emma era arrivata a pesare 40 chili su un corpo alto 1 metro e 60: «Cominciai con una dieta e un po’ di palestra. Alla fine arrivai a mangiare una volta ogni 3 giorni, avevo eliminato tutto: condimenti, carboidrati, carne e in un anno persi più di 20 chili». Nel febbraio del 2018 sviene in casa mentre sale le scale, in ospedale le diagnosticano un trauma cranico e arriva il responso: deve ricoverarsi. Inizia così il suo percorso, 6 mesi nella clinica riabilitativa Villamare in Versilia, smette di andare a scuola e passa ore con psicoterapeuti e nutrizionisti. Poi piano piano la luce. E Instagram diventa lo spiraglio più grande.

Sara Cardin: «Con il karate ho sconfitto la bulimia e conquistato il mondo»

LA RINASCITA DELLE FARFALLE
Emma scopre i profili recovery, in Italia ce ne sono circa 5mila. Sono pagine virtuali dove le utenti usano il social come diario alimentare digitale per condividere pasti, giornate e paure scattando foto di piatti “proibiti” che tornano a diventare nomali. Conosce Nicole, Gaia. Eppoi Camilla, Giulia: ragazze che vivono i suoi stessi disagi, chiuse in un bozzolo, da cui lei ormai ha deciso di uscire. Nasce così l’idea della “Rinascita delle farfalle”, una community di giovani donne che, dalla rete, si incontra in giro per l’Italia (a Pasqua saranno a Roma) condividendo insieme pranzi, merende e tante speranze.

Oggi Emma pesa 51 chili, «in realtà ho buttato la bilancia», ed è tornata a mangiare il suo piatto preferito, «la pasta al pesto».
 


A credere con lei in questo progetto c’è anche Nicole, 20 anni, di Genova, ex ballerina. Si ammala a 16 anni, quando pensa che le sue gambe siano troppo muscolose e la pancia troppo gonfia per ballare. «Cominciai a buttare di nascosto le cose che i miei mi preparavano, fino a quando a luglio del 2017 arrivai a pesare 37 chili. Il 15 agosto mi sono guardata allo specchio e mi sono resa conto che stavo morendo. Non potevo lasciare la mia famiglia e il mio fidanzato e ho deciso che volevo vivere». Anche qui Instagram gioca un ruolo fondamentale: «Il 17 agosto 2017 nasce la mia pagina @nicole.foodrecovery. Tutto ciò che mangiavo lo disponevo meticolosamente in piattini abbinati, su tovagliette carine, con posate dello stesso colore. Questa “attività” mi spingeva a curare quello di cui mi alimentavo e quindi ero più felice». Quel blog diventa un punto di riferimento per tante ragazze che come lei volevano vincere quella battaglia e non sentirsi più sole. Nicole oggi si senta viva. «Sto cercando casa per andare a vivere da sola: voglio sposarmi e diventare mamma».
 
 


IL DOCUMENTARIO
«Sono oltre 3 milioni in Italia le persone che convivono con disturbi del comportamento alimentare. Tra questi 2,3 milioni sono adolescenti e l’età di esordio si è abbassata ai 7-8 anni», spiega Maruska Albertazzi, 43 anni, giornalista, sceneggiatrice, regista. E soprattutto ex anoressica. A 12 anni si ammalò e con un percorso lento ne uscì qualche anno dopo. E’ lei la «mamma digitale» di tutte queste ragazze tra i 14 e i 22 anni di cui ha voluto raccontare voci, storie e rinascite. Emma, Nicole e le altre sono diventate infatti le protagoniste di un documentario, “Hangry Butterflies”, che racconta questa straordinaria guarigione di gruppo nata proprio grazie al web. «I social sono spesso visti come una cosa negativa - racconta Maruska - pensiamo ai profili Pro–ana e alle immagini di influencer magrissime, ma è solo questa le verità? No. Possono dare una mano a vincere la malattia: permettono di fare gruppo, di fare rete. Il disturbo alimentare non riguarda solo chi rifiuta il cibo fino a diventare uno scheletro. È una patologia sfuggente, infingarda. Chi ne soffre è hungry, affamato, ma anche angry, arrabbiato». Maruska vorrebbe creare una rete di primo soccorso psicologico in varie città italiane. Perché insieme si può vincere».

Ultimo aggiornamento: 19:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA