Social, Francesco Costa: «Così l'algoritmo stimola il nostro lato oscuro, dall'anoressia alla depressione»

Venerdì 21 Aprile 2023 di Riccardo De Palo
Social, Francesco Costa: «Così l'algoritmo stimola il nostro lato oscuro, dall'anoressia alla depressione»

“California” di Francesco Costa (Mondadori, 204 pagine, 18,50 euro) è un libro che racconta “la patria della tecnologia, della scienza come la intendiamo oggi”, il luogo dove tutte le diavolerie elettroniche del nostro tempo vengono ideate e (a volte) confezionate. Ma è anche un luogo con molti contrasti, dove è difficilissimo vivere a causa del prezzo delle case, dove ci sono tantissimi senza tetto. Sabato 22 il giornalista vicedirettore del Post, esperto di Stati Uniti, sarà protagonista al Festival delle Scienze di Roma (Ore 21, Sala Petrassi).

L’incontro dal titolo “Immaginando la California”, con il coordinatore scientifico della rassegna Michele Bellone, sembra destinato a smentire molti luoghi comuni sullo stato della Silicon Valley. Abbiamo parlato con l’autore prima dell’evento.

“Benvenuti all’Hotel California”, cantavano gli Eagles, “potete fare check out in qualsiasi momento, ma non potrete mai andarvene”. Il suo libro ricorda un po’ questa canzone, lo sa? 

“La California apparentemente è un posto che ce l'ha fatta, se non addirittura quello che ce l'ha fatta per eccellenza.  Si parla molto del sogno americano, ma l'unico stato americano che ha un proprio sogno è proprio questo, con il California Dream. ”.

Nel libro racconta un fatto di cronaca emblematico: una casa di legno incenerita da un rogo, di cui è rimasto solo il caminetto, in vendita per 850 mila dollari. La casa, anzi il mucchio di cenere che ne rimane, sarà venduto per un milione di dollari. Com’è possibile?

“Nell’immaginario di molti, la California è un posto in cui bisogna andare perché lì tutto è possibile. Ma il fatto che sia un posto in cui le cose vadano effettivamente bene in tantissimi campi - economia, lavoro, cultura, turismo - e che malgrado tutto questo la California non riesca a far vivere bene i suoi abitanti, fa riflettere. Anche la classe media che non può permettersi una casa dignitosa”. 

Ma perché un simile squilibrio?

“In origine, a causa di un forte squilibrio tra domanda e offerta: ci sono molte più persone che hanno bisogno di un tetto rispetto all'offerta di appartamenti sul mercato. Ma bisogna capire come la California è governata e come si è sviluppata sul piano urbanistico: ci sono case molto grandi, che occupano moltissimo spazio”.

Quali sono i pericoli di tanta concentrazione di know-how in un solo posto del mondo? 

“Noi quando parliamo della tecnologia californiana parliamo di cose che sono parte della nostra vita quotidiana, i cellulari, i dispositivi, i social media. Facebook, Twitter e Google hanno cambiato la vita di tutto il mondo, hanno creato nuovi lavori e ne hanno distrutto altri. Questi prodotti sono stati pensati da un gruppo di persone molto ristretto, tra San Francisco e l’area attorno. Sono quasi tutti uomini, ingegneri e bianchi, a lavorare in queste aziende. È un pezzo di mondo che non è rappresentativo nemmeno dell'America intera, seguiamoci dell'intero pianeta”.

Come è successo?

“È istruttivo fare uno sforzo di memoria e ricordarci come si parlava di Facebook e di social media nel 2008, nel 2009. Si diceva che il mondo non potrà che diventare più aperto, più libero, più democratico. I dittatori - pensavamo - non potranno più opprimere la popolazione, visto che con i social media sarà possibile organizzarsi dal basso. Sono passati 15 anni e sappiamo che non è così. Anzi, il dibattito attorno ai social media, agli algoritmi, all’influenza che hanno sulla politica, sulla società, ha toni molto preoccupati. Ci diciamo costantemente che questi strumenti non hanno sempre fatto diventare le nostre democrazie più mature, anzi, a volte è successo il contrario”. 

Quindi il sogno si è tramutato in un incubo?

“Sì, basta guardare ciò che è successo, dall'elezione di Trump alla diffusione delle fake news, fino al ruolo che hanno i social media nel plasmare l'opinione pubblica. Ma anche il dibattito in America su cosa vuol dire tutto questo per gli adolescenti. Se guardi la curva di casi di depressione e suicidi, quando è che comincia a impennarsi? Quando arrivano i social sui cellulari”.

E poi c’è la grande incognita: l’intelligenza artificiale. Ci sono delle piattaforme su cui le IA amplificano certi drammi personali delle fobie o dell'anoressia…

“Sì, gli algoritmi dei social  non selezionano quello che ci mettono davanti agli occhi perché quei contenuti sono considerati migliori o più affidabili, o più utili degli altri, ma perché sono quelli che generano le maggiori reazioni. L'obiettivo dell'algoritmo è che tu continui a utilizzare l'app.  Perché così vedi anche la pubblicità, tra una storia e l'altra”.

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