Gli elettori sbagliano? Certamente sì. Ma chi perde le elezioni deve chiedersi innanzitutto dove ha sbagliato lui

Sabato 18 Febbraio 2023

Caro Direttore,
ad ogni tornata elettorale ritorna l'interrogativo se gli elettori hanno avuto ragione o torto. La risposte, a pensarci bene, come le domande, non hanno seri fondamenti di carattere scientifico, piuttosto corrispondono alle simpatie, alle delusioni individuali o di gruppo. In democrazia, come si sa, il voto serve per decidere chi deve governare e chi sono i perdenti, non tanto per stabilire la verità o i torti. Eppure corre il detto che gli elettori hanno sempre ragione, mentre invece sul piano della verità spesso le minoranze dimostrano di essere dalla parte del giusto. Non occorre fare grandi riflessioni storiche a questo riguardo. A proposito delle recenti votazioni regionali, è lecito osservare l'importanza del "vento" Meloni (brava lei !) e la precarietà dei meriti individuali. Come spesso è successo in passato. Chi, infatti, ha deciso l'elezione dei due "governatori" del Lazio e della Lombardia? Facile riconoscere tra gli eletti molti prodotti della pubblicità e della convenienza. Quale valore attribuire alle capacità della gente di scegliere i propri rappresentanti?


Luigi Floriani
Conegliano


Caro lettore,
in politica come nella vita non basta sentirsi dalla parte della verità, bisogna convincere di questo anche gli altri.

Nella storia le minoranze hanno avuto la possibilità di dimostrare di aver ragione e di essere nel giusto quando sono diventate maggioranze. Non prima. Per questo motivo il dibattito sulle ragioni o sui torti degli elettori è un esercizio inutile, quasi sempre figlio della frustrazione dei perdenti. In democrazia sono i cittadini che devono votare e giudicare i politici, non i politici che devono votare i cittadini e giudicare le scelte che hanno fatto nel segreto dell'urna. Chi esce sconfitto o meno gratificato di quanto sperasse da una tornata elettorale, prima di giudicare gli elettori, dovrebbe chiedere a se stesso perchè mai le sue "giuste" idee e proposte, i suoi candidati certamente "migliori" di quelli degli altri, non sono stati considerati tali anche dagli elettori. Dovrebbe interrogarsi per quale ragione così tante persone di diversa estrazione sociale e formazione culturale hanno giudicato più efficaci e più meritevoli del loro consenso altri programmi e altre persone. Se chi ambisce a governare un Paese, una regione o un comune non è in grado di far questo sforzo e se la sua presunzione intellettuale gli impedisce un necessario, anche se talvolta faticoso percorso autocritico, forse è meglio che rifletta sul suo futuro. La raccolta e la creazione del consenso sono elementi essenziali dell'azione politica e richiedono impegno, capacità di ascolto e una buona dose di umiltà.

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