Per Trump la morte di Soleimani è un atto legittimo: ha applicato il «diritto alla guerra» e ucciso un nemico

Mercoledì 8 Gennaio 2020
Per Trump la morte di Soleimani è un atto legittimo: ha applicato il «diritto alla guerra» e ucciso un nemico
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Caro Direttore,
il nuovo anno si è aperto con la notizia della morte del generale iraniano Qassem Soleimani vittima dell'attacco di un drone statunitense impiegato per un ordine diretto impartito dal Presidente Donald Trump. Un gesto grave che ha allarmato tutte le cancellerie e l'opinione pubblica mondiale dato che fa aumentare la tensione in una area del mondo da sempre in fibrillazione e molto importante. Quello che però mi ha colpito è il fatto che quanto accaduto sia il frutto di una decisione unilaterale della Casa Bianca, nessun mandato da parte di qualche organismo internazionale e, da quanto si è capito, nessuna consultazione con gli alleati. Posto che Soleimani non fosse persona priva di responsabilità non è stato però un tribunale di suoi pari a condannarlo e stabilire la sentenza ma un altro uomo chiuso nella sua stanza a migliaia di chilometri di distanza che sulle base di informazioni che ipotizzavano possibili futuri attentati ha deciso che un cittadino di uno Stato sovrano dovesse essere ucciso o meglio assassinato insieme ad altre nove persone che forse avevano responsabilità diverse e minori. La domanda che mi pongo è se questo modo di agire sia giusto o non contraddica alcuni dei cardini che reggono la civiltà occidentale e la sua giurisprudenza: il principio che la responsabilità penale è individuale, i tre gradi di giudizio e l'abolizione della pena di morte nella maggior parte dei Paesi. Certo ci si potrebbe chiedere: uccidere Hitler sarebbe stato giusto? Avrebbe evitato la morte di milioni di persone? La mia risposta è assolutamente sì, ma doveva anche in quel caso essere il frutto di una sentenza pronunciata da un tribunale (vedi il Processo di Norimberga) e non il frutto della decisione di chi oggi si crede lo sceriffo del mondo. 

Maurizio Conti
Portogruaro (Venezia)

Caro lettore,
la questione è assai complessa. Dal punto di vista di Trump e della Casa Bianca l'uccisione di Soleimani è del tutto legittima e rientra nel «diritto di guerra», applicato però ad una guerra asimmetrica, quella al terrorismo, che non ha confini geografici. L'omicidio del generale iraniano rappresenta quindi l'eliminazione, giustificata anche giuridicamente, di un nemico in una logica di legittima difesa preventiva dei propri cittadini e dei propri territori nell'ambito di un conflitto che oppone gli Stati Uniti alle forze del terrore. È un criterio che ha supportato molte delle operazioni militari internazionali americane negli ultimi due decenni, a partire dall'Enduring Freedom in Afghanistan nel 2001. Secondo questa stessa logica, qualche settimana fa, i marines americani, con un'operazione fulminea in Siria che ha coinvolto 70 uomini e 8 elicotteri, hanno eliminato Abu Bakrn Al Baghdadi, il califfo dello Stato islamico e capo dell'Isis. Si dirà: ma Soleimani era un esponente dello Stato iraniano, non il capo di una milizia come Al Baghdadi.

Giusto. Ma gli strateghi della Casa Bianca a questa obiezione replicano che Soleimani era anche l'ispiratore degli attacchi alle ambasciate Usa in Medio Oriente e il comandante fantasma delle formazioni Hezbollah, il partito di Dio, la cui ala paramilitare è considerata dagli Usa e da altri Paesi come la Gran Bretagna o l'Australia, a tutti gli effetti una organizzazione terroristica. Quindi, secondo questa filosofia, Trump non ha agito come lo sceriffo del mondo, ma come il capo di un Paese in guerra, nell'esercizio legittimo ed esclusivo dei suoi poteri. Naturalmente molti contestano questa lettura dei fatti, appellandosi a un altro diritto, quello dei diritti umani. Ed è evidente che cambiando il punto di partenza, cambiano anche le possibili conclusioni. Ecco perchè in un contesto come questo parlare di giusto o di ingiusto è assai difficile. Come lo è parlare di diritti e di civiltà occidentale in un contesto, quello del Medio Oriente, dove molti governi disconoscono quei diritti e sono dichiaratamente nemici di quella cultura. Trump decidendo la morte di Soleimani si è assunto una responsabilità grande e grave. Ma più che la legittimità giuridica di questa scelta, andranno valutate le conseguenze politiche.
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