Caro direttore,
ho seguito la decisione da parte di Twitter, e degli altri social network, di oscurare i profili di Donald Trump. Devo ammettere che rimango esterrefatto nel constatare che chi si professa democratico abbia allo stesso tempo esultato per la decisione intrapresa dalle multinazionali del web. Qualcuno ha addirittura invocato che ciò accada anche in Italia. I social sono diventati la vetrina della realtà, una sorta di diretta dal mondo attiva 24 ore su 24 in cui la parola d'ordine è far sapere. Far sapere cosa succede, dove ci si trova ma, soprattutto, far sapere cosa si pensa. E il punto cruciale è proprio questo: chi può stabilire cosa è giusto pensare e condividere e cosa invece no? Se si legittima la censura nei confronti di Trump, chi ci dice che lo stesso metodo non venga applicato con soggetti diversi? Questo è un problema del nostro presente e lo sarà ancor di più nel nostro futuro. Tant'è che perfino l'Europa è intervenuta, affermando che «La regolazione dei giganti del web non può essere fatta dall'oligarchia digitale stessa». Perché è chiaro che chi decide di censurare nel nome della democrazia, non è difensore ma censore.
Antonio Cascone
Padova
Caro lettore,
delle idee, per quanto lontane siano dalle proprie convinzioni e principi, non bisogna mai aver paura.