Caso Siri, il problema di Salvini non è il suo sottosegretario, ma il suo alleato di governo

Sabato 4 Maggio 2019
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Caro direttore,
mi sono sempre trovato in accordo con le valutazioni documentate ed equilibrate di Carlo Nordio. Questa volta ho qualche perplessità sulla sua posizione sul caso Siri. Certamente inoppugnabili le motivazioni giuridiche. Osservo però che nel caso dei militari, la Difesa dispone la sospensione cautelativa dall'impiego senza aspettare la condanna di primo grado: perché questo non debba accadere nei confronti di persone con grandi responsabilità governative? Ma è soprattutto l'aspetto politico della posizione della Lega che non capisco. Essendo stato privato delle deleghe, cosa ci sta a fare il Sottosegretario Siri nel suo ufficio? A parte l'aspetto etico e di dignità che avrebbe dovuto indurre l'interessato a dimettersi per protesta, è incomprensibile la posizione di difesa ad oltranza di Salvini, che con il suo atteggiamento fornisce spago e foraggio ai Grillini che stanno sfruttando con clamore la vicenda. Che interesse ha la Lega a mantenere occupata una importante poltrona da persona senza poteri? Non sarebbe stato meglio sostituire subito Siri con altro leghista ? E se poi la magistratura deciderà di rinviare a giudizio Siri, che figura farà Salvini?
Bruno Di Fabio
Venezia



Caro lettore,
non sono un esperto giuridico, ma, se non sbaglio, l'articolo 916 dell'Ordinamento militare a cui credo lei si riferisca, non dispone la sospensione per un militare coinvolto in un procedimento penale. L'Ordinamento parla di sospensione «facoltativa» e precisa che «può essere applicata solo se lo stesso è imputato per un reato da cui può derivare una perdita di grado». Quindi anche nel mondo militare non c'è nessun automatismo tra avviso di garanzia e sospensione. A maggior ragione non può esserci in quello politico. Il Movimento 5stelle, un tempo, sosteneva l'obbligo di dimettersi per qualsiasi politico destinatario di un avviso di garanzia. Ma anche i grillini, una volta entrati nella stanza dei bottoni, hanno dovuto ricredersi e cambiare il loro punto di vista. Sul caso Siri sono però tornati alle antiche abitudini. Anche se finora Siri non è stato ancora ascoltato da un magistrato e non esiste alcuna prova che abbia commesso un reato, M5s ha chiesto subito le sue dimissioni e il suo ministro, Toninelli, gli ha revocato le deleghe. La scelta di M5s ha ovviamente ragioni tutte politiche. O meglio: elettorali. Di Maio e i suoi cercano di sfruttare la questione morale per risalire la china del consenso perduto e mettere in difficoltà la Lega. Salvini, di fronte all'offensiva grillina , non ha difeso solo Siri, ma un principio garantista: l'avviso di garanzia non è una prova di colpevolezza nè una prima condanna, è una tutela a favore di una persona che viene informata di essere coinvolta in un'inchiesta giudiziaria e come tale va considerato. Ma oggi il problema vero del leader leghista non è il suo sottosegretario, ma il suo alleato di governo. Con cui, soprattutto dopo lo schiaffo di Conte sul caso Siri, non si capisce come possa continuare a condividere la guida del Paese.
Ultimo aggiornamento: 14:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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