Buongiorno direttore, sono un dipendente pubblico indignato per la sua risposta alla lettera di ieri.
Andrea Muraro
Caro lettore, ma quali sentenze! Le mie sono opinioni e come tali, possono essere condivise o meno. Non ho alcun pregiudizio nei confronti dei dipendenti pubblici. Né tantomeno, nella mia risposta, ho affermato che gli “statali” non abbiano fatto il loro dovere o non abbiano lavorato le ore previste dal contratto. Escludo che, come sostiene lei, siano gli unici ad averlo fatto nel corso di quest’anno. Ma ho detto cose diverse. Ho spiegato che i lavoratori pubblici sono oggettivamente più tutelati degli altri. Una condizione (e badi bene: non parlo di un privilegio) il cui valore è emerso chiaramente in questo periodo che ha visto e vede tanti lavoratori del privato costretti a stare a casa in cassa integrazione o a vivere con la prospettiva di perdere il lavoro. E non perché non abbiano fatto il loro dovere o non siano disposti a lavorare le ore previste dal loro contratto. Ma perché gli uffici, i negozi, le fabbriche in cui operano sono fermi in parte o del tutto.
O perché le aziende di cui sono dipendenti, per ridurre i costi in questa fase difficile, hanno scelto, potendolo fare, di utilizzare la cassa integrazione che, le ricordo, prevede una decurtazione del 20% circa sul normale stipendio. Al contrario, quando alcuni uffici pubblici sono rimasti chiusi o non hanno funzionato a pieno regime, e in questo periodo è accaduto, gli addetti non hanno subito alcuna penalizzazione salariale. Meglio così, naturalmente. Ma per tutte queste ragioni, ritengo lo sciopero del 9 dicembre un errore e un’offesa. Perché ci sono momenti in cui sulle rivendicazioni, anche se giuste e legittime, devono prevalere la consapevolezza, il senso di responsabilità e, aggiungo, il rispetto per chi sta pagando un prezzo più alto alla crisi. E poiché lei non sciopererà forse non dovrebbe indignarsi con me, ma con chi questo sciopero lo ha indetto. Ricambio di cuore i suoi auguri.