Non si può essere contro la violenza e l'odio solo quando nel mirino finisce chi la pensa come noi

Sabato 12 Settembre 2020
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Caro Direttore,
ho visto che l'altro ieri che avete inserito la notizia del segretario della Lega Matteo Salvini aggredito, con tanto di camicia strappata, a pagina 8 con un piccolo spazio a centro pagina. Posso chiederle perché e conoscere le sue considerazioni su questo episodio?


Luca Argentin
Venezia



Caro lettore,
mi permetta di non essere d'accordo con il suo giudizio: non mi sembra che fosse piccolo lo spazio che abbiamo dedicato all'aggressione di Salvini. Era uno spazio adeguato a quello che è accaduto e, aggiungo, anche all'importanza che ha scelto di attribuirgli lo stesso leader della Lega: Salvini ha infatti preferito chiudere rapidamente la vicenda, definendosi semplicemente «infastidito, neppure impaurito, da ciò che era successo».

Non ne ha fatto un caso e credo che abbia fatto questa volta la scelta giusta. Detto ciò, l'unica, vera considerazione che credo si possa aggiungere è che ancora una volta hanno prevalso due antichi vizi della nostra cultura politica: l'ipocrisia e il doppiopesismo. Perché un po' troppi tra coloro che si scagliano con cadenza quasi quotidiana contro l'eccessiva violenza di cui si nutre la politica e che predicano in televisione e sui giornali contro l'odio diffuso nelle piazze virtuali e non, hanno finto di non accorgersi di quanto era accaduto al leader leghista. Complice forse il clima da campagna elettorale, le manifestazioni di solidarietà verso Salvini per l'aggressione subita non sono state particolarmente numerose.

E questo è un grave errore. Perché non si può essere profeti della tolleranza e del rispetto solo quando conviene o solo quando a finire nel mirino degli odiatori e dei violenti è qualcuno della propria parte politica. Vale per tutti: per la destra come per la sinistra. L'indignazione a comando è ovunque sinonimo di scarsa credibilità. E di ipocrisia. Ne abbiamo avuto un'altra volta la conferma.
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