Una risposta (storica, ma non solo) a chi si chiede: ma vale la pena fare sacrifici e correre rischi per difendere l'Ucraina?

Giovedì 28 Aprile 2022
3

Egregio direttore,
lei ha cercato di minimizzare, ma la situazione pace, con annessi e connessi sta vacillando. Ho visto in Tv le dichiarazioni di guerra indotta tramite Ucraina degli Usa e la risposta del Governo russo tramite l'Onu. Non nascondiamoci dietro al dito, la Nato-Usa antecedentemente l'invasione russa ha invaghito il Governo ucraino; tramite i media-amici facendo nascondere alla opinione pubblica quello che l'esercito ucraino per anni fece nelle regioni russofone.

Ora gli Usa, la Nato, l'Inghilterra, adesso anche la Germania, adottando la Polonia come base addestrativa, intendono battere la Russia. La guerra estesa è così alle porte, e sinceramente non mi sento affatto di essere vicina all'Ucraina. Temo tante dolorose conseguenze economiche per il popolo europeo che si sarebbero potute evitare.
Paola Vettore

Cara lettrice,
non minimizzo affatto.

Anzi, credo che a minimizzare siano coloro che pensano che la guerra in Ucraina sia solo una questione di territori contesi, drammatizzata per interessi di parte, e che, con qualche concessione alle rivendicazioni di Putin, si potrebbe risolvere in fretta la crisi e porre fine al conflitto senza crearci tanti problemi. Altre persone come lei «non si sentono vicine all'Ucraina». Altre si chiedono: ma vale la pena rischiare pesanti sacrifici economici e magari più dolorose conseguenze per difendere Kiev? Domanda legittima e complessa, a cui proverò a rispondere ricorrendo alla recente storia europea.

Nel 1939, Marcel Dèat, un deputato socialista francese che avrebbe poi fondato un partito di simpatie hitleriane, scrisse un articolo divenuto famoso in cui si rivolgeva al governo francese e a quello inglese ponendo una domanda: Siamo pronti a morire per Danzica?. Il quesito, volutamente provocatorio, cadeva in una fase molto delicata. Le diplomazie e i governi democratici europei si interrogavano sulle volontà della Germania nazista e su come affrontare Hitler: se cedere cioè alle sue rivendicazioni di espansione e riconquista territoriale o se contrastarlo anche con l'uso della forza o con aiuti militari ai paesi minacciati. Danzica, città portuale a maggioranza di lingua tedesca ma assegnata dopo il primo conflitto mondiale alla Polonia, era diventato il simbolo di questa fase. Hitler, che teorizzava il ritorno alla Grande Germania, ne rivendicava con forza il possesso ed era pronto ad invaderla. Nel suo articolo Dèat sosteneva che non valeva la pena che Francia e Inghilterra si opponessero, facendosi coinvolgere in un conflitto e in una possibile e costosa guerra per difendere una città, Danzica appunto, dal peso irrilevante e la cui conquista, Dèat ne era convinto, avrebbe esaurito le ambizioni di Hitler.

Purtroppo sappiamo bene come andò: al leader nazista fu consentito di invadere e conquistare Danzica, ma il capo del Reich non si accontentò affatto. Venendo meno ad ogni regola e trattato, si prese poi tutta la Polonia e proseguì con gli altri paesi vicini scatenando la seconda guerra mondiale. Eravamo nel 1939. Oggi siamo nel 2022. Sarebbe semplicistico fare parallelismi tra le due epoche. Ma la storia ci propone corsi e ricorsi. E rileggere il passato ci può aiutare ad alzare lo sguardo sopra il nostro orizzonte quotidiano e a comprendere meglio la fase storica che stiamo vivendo e i pericoli che essa porta con sé.
 

Ultimo aggiornamento: 12:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci