I rigori nel calcio restano una lotteria e ci dimostrano quanto siamo imperfetti e vittime del caso

Martedì 13 Dicembre 2022
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Gentile Direttore.
da anni i più prestigiosi tornei di calcio si decidono ai tiri di rigore chiamati impropriamente calci di rigore.
Non basta più come anni fa avere il rigorista e il vice ma occorre averne quantomeno cinque. E quindi una squadra, nazionale o club, oggi ha il dovere di predisporre allenamenti specifici dagli 11 metri, portieri compresi. Non chiamatela più lotteria dei calci di rigore quindi. Qui occorre preparazione specifica.

Mauro Lama
Treviso


Caro lettore,
lei ha ragione su un punto: oggi tutto richiede specializzazione, dedizione e focalizzazione. Nulla può essere lasciato al caso. Figuriamoci nel calcio dove un tiro sbagliato, un tocco impreciso o una disattenzione difensiva possono capovolgere gli esiti di un incontro, provocare sconfitte o eliminazioni dalle conseguenze imprevedibili, generare improvvise fortune o determinare altrettanto clamorosi tonfi. Ormai nelle squadre di alto livello quello del rigorista è quasi un ruolo, con tanto di presenza del vice-rigorista e del vice del vice del vice. E i portieri più abili nell'intercettare con un guizzo le saette scagliate dagli 11 metri sono giustamente famosi. Entrambi dedicano ore e ore di allenamento a questa particolare specialità; provano e riprovano, curando ogni dettaglio. Ma il rigore resta comunque una lotteria, un momento cioè in cui il caso e altri fattori imponderabili possono giocare un ruolo decisivo. Scombinare ruoli, schemi e certezze. Anche in questo il calcio è per molti aspetti una metafora della vita. Noi esseri umani ci illudiamo spesso di poter controllare tutto. Di essere in grado con la tecnica e l'intelligenza di annullare ogni rischio e ogni incertezza. Ma non è così. Né nel calcio né in tantissimi altri campi. Cento, mille ripetizioni del gesto non cancelleranno mai la possibilità che chi tira un rigore possa, per una ragione imponderabile, sbagliare. O che chi gli sta di fronte riesca, quasi magicamente, a pararlo. Un giornalista e scrittore brasiliano, Armando Noguiera ha dato questa emblematica definizione del calcio di rigore: «È una sentenza di morte nella quale il carnefice può diventare vittima». Ma chi determina questo diverso destino non è un automa o una macchina. Bensì un uomo: con tutti suoi limiti, le sue imperfezioni, le sue debolezze. Nel calcio come nella vita.

 

Ultimo aggiornamento: 10:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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