Riforme elettorali: perchè a livello nazionale non si usa il sistema di voto delle regioni?

Martedì 29 Settembre 2020
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Egregio Direttore,
sul Gazzettino di domenica Carlo Nordio ricorda che l'uninominale puro crea virtuosamente un vincolo tra elettori ed eletto e sottolinea altresì che in Italia ha prodotto casi in cui gli elettori si trovano costretti a votare candidati lontanissimi dal loro sentire. Tutto vero. Nordio però chiosa la nostra fertile fantasia riesce anche a manipolare le virtuose pratiche della vecchia Inghilterra. Obietterei che non è affatto una questione di fertile fantasia.. è il limite intrinseco dell'uninominale che obbliga forze politiche anche molto diverse a presentarsi insieme per vincere il collegio. Funziona se ci sono solo due partiti (ma con due partiti andrebbe bene qualsiasi sistema..) come appunto storicamente nella virtuosa Inghilterra (e pur lì oggi non è più così). Insomma il tanto (da molti) evocato uninominale non è che noi italiani lo usiamo male, come sembra intendere Nordio, è proprio che non è l'utensile adatto per noi. Lei che ne pensa?

Lorenzo Colovini
Venezia

Caro lettore, 
penso che non esista un sistema elettorale in assoluto migliore di un altro. Molto dipende dalle condizioni sociali, politiche e storiche in cui si cala il meccanismo di voto scelto. Un sistema elettorale ha il compito di dare rappresentanza agli interessi di una popolazione e, nel contempo, garantire la governabilità, ossia la costituzione di un esecutivo quanto più possibile stabile. Da questo punto di vista il proporzionale puro ha mostrato, anche nella storia del nostro Paese, tutti i suoi limiti, perchè consegna a forze politiche di rilevanza minima, anche il 4-5%, un potere di interdizione enorme: assegna cioè a delle minoranze la possibilità di tenere in vita un governo e lo condanna alla perenne instabilità. La infinita sequenza di governi che si sono alternati nella prima repubblica lo dimostra. L'uninominale, peraltro, come ha notato anche Nordio, impone delle alleanze preventive alternative tra di loro e quindi, sulla carta, offre maggiori garanzie di governabilità, ma costringe forze politiche molto diverse tra di loro a unirsi senza però la garanzia che il vincolo duri per tutta la legislatura. E in un Paese come l'Italia dove abbandonano le sensibilità e il culto del particulare, anche questo si è dimostrato un rischio per la stabilità dei governi. Insomma trovare un punto di equilibrio è quantomai complicato. A me pare che ci sia un sistema elettorale che in Italia ha dimostrato una sua efficaci: quello con cui si è eleggono i consigli regionali, in cui si vota il candidato presidente e i singoli partiti che lo sostengono. Il candidato che riceve più voti (nel caso di un voto nazionale si potrebbe fissare un limite, per esempio almeno il 40%) diventa presidente e compone il suo governo con gli esponenti dei partiti che lo hanno sostenuto. Con questo sistema chi abbia vinto o perso dopo il voto è subito chiaro, non debbono trascorrere settimane di estenuanti trattative. Non solo: è direttamente il corpo elettorale e non i partiti che sceglie chi debba guidare il Paese e il capo dell'esecutivo in questo modo è forte, non solo del consenso che gli deriva dalle alchimie tra le forze politiche che lo sostengono, ma anche di un'investitura popolare. Ovviamente anche questo non è un sistema perfetto. Ed essendo una declinazione del presidenzialismo, incontra in Italia molte resistenze culturali, retaggio del nostro passato. Ma non si capisce perchè l'Italia non dovrebbe essere democraticamente matura per votare e scegliere il proprio governo in un modo in fondo non troppo diverso da quello che, per esempio, è applicato in Francia o in altri paesi. 
Ultimo aggiornamento: 13:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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