Il 12 giugno si vota per 5 referendum sulla giustizia, eppure se ne parla poco. Ma c'è una ragione. Anzi almeno tre

Mercoledì 1 Giugno 2022
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Egregio Direttore,
la informo, visto che il Gazzettino non ne parla, che il prossimo 12 giugno si saranno le votazioni per i cinque referendum per la riforma della Giustizia

Pietro Spera


Caro lettore,
apprezzo la sua ironia, anche se non è proprio esatto ciò che lei afferma: Carlo Nordio ha affrontato il tema dei referendum della giustizia in più di un'occasione sulle colonne di questo giornale. E certamente torneremo a farlo nei prossimi giorni. Però resta il dato politico che la sua lettera sottolinea: non si erano mai visti referendum così silenziosi. Si vota tra due domeniche, in concomitanza con importanti elezioni amministrative, ma su giornali, siti e tv c'è pochissimo dibattito intorno ai quesiti referendari. Secondo un recente sondaggio solo il 36% dei cittadini è al corrente che il 12 giugno si vota e sui temi oggetto dei referendum c'è ancor più confusione e incertezza. Neppure i partiti che li hanno proposti sembrano in verità molto interessati all'argomento: non si segnalano infatti interventi televisivi, twitter o comizi di leader impegnati a difendere le ragioni del sì o quelle del no. Solo i Radicali hanno protestato per il poco rilievo che anche la Rai starebbe garantendo ai referendum. Ma anche la loro iniziativa non ha scosso il mondo politico. Quali sono le ragioni di questo clima? Purtroppo sono numerose. Innanzitutto si tratta di quesiti molto tecnici che affrontano temi della legislazione giudiziaria certamente importanti, ma assai complessi. E' francamente difficile riuscire non dico ad appassionare ma almeno a coinvolgere la metà dei cittadini intorno a quesiti sul consiglio direttivo della Corte di Cassazione o sulle norme per le elezioni dei membri del Consiglio superiore della magistratura. In secondo luogo: essendo questi referendum abrogativi, per essere validi occorre che partecipi al voto almeno il 50% più uno degli elettori, è il cosiddetto quorum. In caso contrario il voto è nullo. Il rischio che il quorum non venga raggiunto rende cauti anche i leader dei partiti promotori del referendum che temono, in caso di flop, di vedersi addebitata poi il prezzo politico dell' insuccesso referendario. Infine c'è la terza e credo più importante ragione: l'uso distorto di questa arma referendaria. Sempre più spesso si usano i referendum non per bocciare una legge, ma per condizionare le scelte parlamentari su talune materie o mettere in difficoltà gli avversari o battere la cassa della propaganda su un determinato tema. Tutte scelte legittime, ma che alla fine hanno contribuito a svuotare di valore e significato i referendum. E ad allontanare da questo importante strumento di partecipazione i cittadini.

      
 

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