Smettiamola di dare dei razzisti ai cittadini che danno voce alle proprie paure

Mercoledì 27 Settembre 2017
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Caro direttore,
il confronto politico sul tema immigrazione ha ormai raggiunto vette di ipocrisia e stucchevolezza insopportabili. Coloro che chiedono una immigrazione basata sulla legge, ovvero su domande preventive all'ingresso nel territorio italiano corredate da documenti e curriculum vitae correlati alle effettive offerte di lavoro in Italia, sono definiti, inevitabilmente, xenofobo-razzista-nazista-populista-nazionalista-sovranista. Non è chiaro quale sia il nesso tra questi appellativi e la richiesta di rispetto della legalità. Mentre i buonisti dell'immigrazione incontrollata, dell'immigrazione diffusa amano invece regalarla a tutti a spese della collettività. Infatti a tutt'oggi non esiste o non ho ricordi di aver letto la notizia, così socialmente utile, di un politico/militante che apra le porte della propria casa per ospitare un migrante. Vuoi vedere che coloro che ti fanno il predicozzo alla fine sono coloro che sono più razzisti di tutti?


Gianluca Bragatto
Caorle (Venezia)


Caro lettore,
non è facendo la gara a chi ha più titoli per essere definito razzista che possiamo affrontare e gestire i flussi migratori. Su questo tema si sono dette e scritte un'infinita di stupidaggini. Non penso che chi dà voce alle proprie paure o esprime le proprie insicurezze nei confronti degli immigrati sia sempre e comunque un razzista o uno xenofobo. Anzi quasi mai lo è. Normalmente è un cittadino che vede messe in discussione le proprie certezze. Che osserva la piazza dove giocano i suoi figli infestata da spacciatori al 99% stranieri, che vive con disagio l'aumento della micro-criminalità, che teme per il valore della sua casa o per la formazione scolastica dei suoi figli. Problemi che forse chi abita nei quartieri nobili delle nostre città vive con un certo distacco e indifferenza, ma che invece toccano spesso da vicino tante famiglie normali. Invece di etichettarli o insultarli, questi cittadini preoccupati e impauriti andrebbero compresi, tutelati e aiutati, anche a capire. Ma, si sa, è più facile distillare certezze, condite da qualche epiteto ad effetto nei dibattiti tv o nei confronti televisivi, che affrontare concretamente i problemi della gente. 
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