Gentile Direttore,
Angelo Mercuri
Venezia
Caro lettore,
d'accordo che lei ammette di sapere pochissimo della questione russo-ucraina. Ma davvero riesce a credere che dopo il 2014 Putin abbia cercato per anni di far cessare il fuoco delle armi e poi, stanco e sfiduciato, sia stato costretto, suo malgrado, a invadere l'Ucraina? E che in fondo è colpa degli Usa e dell'Europa se quello che lui aveva concepito come un semplice blitz (bastava che gli ucraini si arrendessero e tutto finiva lì) si è poi trasformato in una guerra? Non vorrei deluderla: ma l'immagine di un Putin pacifista è smentita dalla storia, non dalle opinioni o dalle simpatie. La politica di potenza del presidente russo ha sempre avuto nello strumento bellico, dalla Cecenia alla Siria, uno dei suoi capisaldi. L'invasione dell'Ucraina è del tutto coerente con la strategia imperialista perseguita negli anni dal Cremlino. Detto ciò, mi permetta di soffermarmi su un'altra sua affermazione. Lei sostiene che ai cittadini russofoni del Donbass il governo ucraino vietò di parlare la lingua madre. Anche in questo caso conviene forse fare qualche ripasso di storia. E ricordare che durante il regime sovietico fu l'ucraino ad essere di fatto soppresso dai russi che imposero, con un'azione sistematica e autoritaria, la loro lingua al popolo ucraino. Ritornata uno stato autonomo, l'Ucraina ha cercato di riappropriarsi del proprio idioma, indicando l'ucraino come lingua di Stato. Ma senza vietare il russo. L'articolo 10 della Costituzione ucraina del 1996 recita: «La lingua di Stato è l'ucraino» ma subito dopo aggiunge: «In Ucraina sono garantiti il libero sviluppo, l'uso e la protezione del russo e delle altre lingue di minoranze nazionali».
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