La follìa di Putin non deve farci cancellare l'arte russa Ma è giusto boicottare gli sportivi organici al regime

Sabato 10 Dicembre 2022

Egregio direttore,
dopo la rappresentazione dell'opera russa alla prima della Scala, finalmente, anche se con colpevole ritardo, si è capito che la cultura russa, niente ha a che fare con i responsabili della guerra in Ucraina;ora spero che si metta la parola fine anche al boicottaggio dello sport russo, riammettendo atleti e squadre alle competizioni internazionali, da dove erano stati esclusi incolpevolmente ed in nome di una lettura assurda di vicende nettamente separate fra di loro. Sarebbe inoltre, una decisione che potrebbe contribuire ad aprire nuovi ed insperati spiragli di pace.

G.B.


Caro lettore,
anche in un clima bellico e di frontale contrapposizione è difficile non considerare assurde o almeno del tutto strumentali le polemiche sulla scelta di aprire la stagione della Scala di Milano con la celebre opera di Musorgskij. Tanto più nel caso di una composizione come il Boris Godunov che è una denuncia degli arbitri, del cinismo e della violenza del potere: aspetti non casualmente sottolineati nella rilettura che ne ha dato il regista dell'opera andata in scena mercoledì sera. La follia e la ferocia imperialista di Putin e della sua nomenklatura non possono e non devono diventare il pretesto per censurare o cancellare capolavori o straordinari artisti del presente e del passato, solo in quanto russi. Anche di fronte alle peggiori tragedie bisogna saper discernere e distinguere. Da questo punto di vista penso però che una distinzione debba essere fatta anche tra sport, cultura e il loro rapporto con il potere politico. In perfetta continuità con l'Unione Sovietica, la Russia di Putin ha usato spesso gli atleti, e soprattutto le rappresentative nazionali, come arma propagandistica, come una propria proiezione internazionale, influenzandone scelte e strategie. Lo ha ben dimostrato lo scandalo del doping che ha portato alla scoperta di un fenomeno di dimensioni incredibili: centinaia di atleti russi scoperti a far uso di sostanze vietate (e per questo esclusi poi dalle Olimpiadi e da altre importanti manifestazioni) non solo con la copertura delle massime autorità sportive statali, ma con il loro pieno appoggio e sostegno. Il doping era cioè scientificamente pianificato e gestito dallo Stato con l'evidente obiettivo di far prevalere gli atleti russi e di dare lustro al regime e alla sua retorica nazionalista. Questo è accaduto perché in Russia lo sport e soprattutto le squadre nazionali delle discipline olimpiche sono di fatto un elemento del sistema, ne fanno organicamente parte. Indipendentemente dalla consapevolezza e dalle volontà dei singoli atleti, questo è uno dei tasselli su cui il regime costruisce e consolida il proprio consenso interno e internazionale. La scelta di escludere squadre e atleti russi dalle competizioni internazionali più importanti ha quindi una evidente e precisa ragione politica.
      
 

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