Il processo a Salvini in scena a Catania è un altro duro colpo alla credibilità della politica

Mercoledì 7 Ottobre 2020
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Egregio Direttore,
quanto avvenuto a Catania davanti al Giudice dell'udienza preliminare, suggerisce un paio di considerazioni. La prima riguarda l'atteggiamento dell'Imputato Salvini, una specie di fiume in piena che non ha esitato un attimo a prestarsi, nei minuti immediatamente successivi all'esito dell'udienza, per tenere una affollatissima conferenza stampa, alla quale ha partecipato, quale iniziale muta spettatrice, anche Giulia Bongiorno, forse in leggero stato di shock per l'incidente appena occorsole. Da modestissimo addetto ai lavori, valuto le esternazioni del Leader della Lega un atteggiamento decisamente fuori luogo e inopportuno, e ciò per una sola granitica ragione: Matteo Salvini è al momento un imputato, e come tale avrebbe dovuto comportarsi, con l'osservanza di un rigoroso silenzio. D'accordo, c'è la politica, e ci sono pure gli attacchi ideologici, ma sono due realtà che viaggiano su piani e livelli completamente diversi, e che non dovrebbero, in un momento delicato quale quello immediatamente precedente al giudizio, essere mescolati o confusi. La seconda considerazione riguarda il mezzo Governo che è stato chiamato a rendere testimonianza. Confesso che se fossi nei panni di uno di quei Signori, non dormirei dei sonni troppo tranquilli. Ci sono infatti alcune anomalie, chiamiamole pure così, che definire imbarazzanti sarebbe poco, e che non riguardano soltanto il fatto che per il caso Diciotti quegli stessi Signori si erano schierati tutti al fianco di Matteo Salvini, alcuni dei quali tentando pure di rubargli la scena con auto attribuzione del merito di aver arginato gli sbarchi irregolari. All'epoca, infatti, le decisioni di impedire quegli approdi incondizionati e violenti erano state collegialmente giustificate con l'esigenza di tutelare al meglio i confini del Paese, e con la legittima pretesa di voler coinvolgere fattivamente nella distribuzione dei migranti l'Unione Europea. Allora la domanda non può che essere una: se quanto ha compiuto Salvini sia stato un reato, perché perseguire solo lui? Cosa diranno, dunque, i convocati testimoni? Negare la conoscenza dei fatti dovrebbe essere impensabile, a meno di voler di così sfidare un'accusa per falsa testimonianza, e neppure tentare di minimizzare la vicenda con risibili illazioni di esclusive autonomie decisionali del solo Salvini. Sono troppi i documenti disponibili e a tutti noti; quindi non dovrebbe rimanere altra via che riconoscere esservi stato un collegiale e condiviso pieno consenso. Ciò, sembra, dovrebbero suggerire la ragionevolezza e il buon senso. Ma a questo punto dovrebbe scattare la tagliola: perché, per poter continuare a tenere sotto processo l'ex Ministro degli Interni, dovrebbe a lui essere aggiunta una nutrita schiera di... compagni di viaggio. Che figura!

Giuseppe Sarti

Caro lettore,
neppure a me piacciono le confusioni di ruoli e gli eccessi propagandistici. Ma quello a Salvini è davvero un processo molto particolare. Non è neppure un processo politico. Qui siamo di fronte ad un uso spregiudicato della giustizia per colpire un avversario che tra l'altro fino a non molto mesi fa, stava dall'altra parte della barricata, era cioè un alleato di governo di una parte dei suoi stessi accusatori di oggi. Voglio essere chiaro: non sto difendendo Salvini. A questo punto saranno i giudici a decidere sulla sua eventuale colpevolezza. Difendo un principio: che la lotta politica deve mantenersi negli ambiti che le sono propri. Non può invaderne altri. In questo caso siamo al paradosso: Salvini viene accusato con il beneplacito, anzi sotto la spinta, di coloro che sono stati per oltre un anno suoi alleati di governo e ne hanno condiviso le scelte. Mi chiedo: ma se l'alleanza Lega-M5s fosse ancora in piedi e non fosse stata sostituita da quella tra M5S e Pd, a Catania si svolgerebbe questo processo contro Salvini? Tenderei ad escluderlo. Sempre ammesso che il tribunale dei ministri avesse chiesto la messa in stato di accusa del leader leghista, il Parlamento avrebbe certamente votato contro, pena la caduta dell'esecutivo. Dunque di cosa stiamo parlando? Di una giustizia che cambia in virtù della maggioranza di governo? Di un diritto che muta con il mutare degli equilibri parlamentari? Ciascuno può pensarla come vuole sull'operato del leader leghista quando era ministro degli Interni. Può condividere la sua azione e i suoi interventi o disprezzarli e avversarli. Ma è fuor di dubbio che quanto sta accadendo e accadrà a Catania con il premier Conte e altri ministri chiamato a testimoniare, è un ulteriore colpo alla credibilità della nostra politica. E non c'è n'era alcun bisogno.
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