Chi fa politica deve saper ascoltare i cittadini non chiudersi nelle proprie certezze

Giovedì 28 Settembre 2017
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Egregio direttore,
le elezioni tedesche sono passate e la cancelliera Angela Merkel nonostante la semi-sconfitta si è affrettata a dire che la sua politica sull'immigrazione non cambierà. In Italia nonostante i recenti insuccessi elettorali a sinistra si continua a parlare di inclusione, ius soli e via dicendo. Un politico intelligente capirebbe subito i segnali che arrivano dal basso e nei limiti della ideologia che rappresenta ne terrebbe conto. Invece i politici di oggi sono arroganti, pensano che una volta eletti possono fare quello che vogliono e se si confrontano lo fanno solo per dimostrare di avere ragione. Ma se un insuccesso elettorale (sconfitta o calo dei votanti) non modifica niente, a cosa serve andare a votare?


Lino Renzetti
San Donà di Piave


Caro lettore,
lei tocca uno problema chiave della nostra democrazia e della sua efficacia come strumento di governo: l'autoreferenzialità della classe politica, il suo crescente distacco rispetto ai cittadini. Il rapporto tra elettori ed eletti si è progressivamente capovolto: un risultato elettorale negativo non è visto e considerato come la sconfitta di una proposta politica e come una sentenza negativa da parte dei cittadini. No, la motivazione prevalente è quasi sempre un'altra: abbiamo perso perché gli elettori non hanno capito. La sconfitta o la vittoria dell'avversario, insomma, è colpa degli elettori, non di chi ha chiesto loro i voti (senza ottenerli) sulla base di un determinato programma politico. Questo atteggiamento è la conseguenza di una sorta complesso di superiorità etica. Molti partiti ed esponenti politici pensano di essere detentori di verità e depositari del bene e di ciò che è giusto. E poco importa se chi dovrebbero rappresentare in un Parlamento, in un Consiglio regionale o comunale non la pensa così. Restano convinti che la ragione sia dalla loro parte. Naturalmente nessuno può chiedere a nessuno di ripudiare le proprie convinzioni o i propri principi. Ma chi vuole governare un Paese, una Regione o un Comune non può vivere in una torre d'avorio o essere schiavo delle proprie certezze. Deve anche ascoltare i cittadini.
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