La missione in Afghanistan è finita, ma ad accogliere i nostri soldati non c'era nessuno. In altri casi invece...

Giovedì 8 Luglio 2021
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Caro Direttore.
chiusa la missione italiana in Afghanistan, da Herat rientrato l'ultimo soldato italiano, il Generale Vergori Comandante della Folgore. Venti anni di impegno della prioritaria componente militare ma anche di tutto l'apparato di sicurezza e difesa e diplomatico dello Stato, nonché delle associazioni private, delle Ong e di tante organizzazioni italiane che in quel lontano Paese hanno dato il meglio di se stesse. Più di cinquanta i caduti, quasi tutti militari ma anche civili, svariati miliardi di euro spesi dall'Italia nella missione. Uno sforzo sinergico di tutto il Paese al quale è andato il plauso della Comunità Internazionale, della Nato e di tutti i partner alleati, ed il ringraziamento del governo legittimo. Spiace e delude profondamente dove rilevare che nessuna accoglienza degna di questo nome ha avuto il contingente italiano al suo rientro in Patria da parte dello Stato in nome e per conto del quale ha operato in quel martoriato Paese. E nessuna celebrazione ha accolto la Bandiera di guerradel reggimento paracadutisti. Vent'anni di impegno e di sangue versato, cancellati? Baratro profondo di una società, la nostra, che ha perso ogni valore. Dispiace... moltissimo.

Roberto Bernardini
Treviso


Caro lettore,
ho visto come lei e tanti altri lo scarno video dell'arrivo in Italia degli ultimi uomini del contingente proveniente dall'Afghanistan: i nostri soldati in mimetica che scendono alla spicciolata dall'aereo militare.

Nessuna autorità ad accoglierli, nessuna celebrazione, nulla che, in qualche modo, potesse trasmettere se non un clima di solennità, almeno la giusta importanza che il momento avrebbe meritato. Perché, come ha ricordato anche una nota del ministro della Difesa Lorenzo Guerini, l'impegno ventennale delle nostre forze armate in quelle terre lontane è costato molto al nostro Paese. Anche in termini umani: 753 sono stati i feriti e 53 le vittime, cittadini italiani che hanno dato la vita per riportare pace e stabilità in Afghanistan. Di fronte a questi numeri e alle immagini del solitario rientro dei nostri militari da Herat, è difficile non fare qualche paragone. Per esempio con il 20 maggio 2020. Quel giorno, all'aeroporto di Ciampino, si salutò e celebrò il ritorno in Italia di Silvia Romano, rapita 18 mesi prima dagli estremisti islamici e liberata dopo il pagamento di un riscatto da parte dello Stato. Ad accogliere la cooperante milanese, convertitasi nel frattempo all'Islam e scesa quindi dall'areo con il capo coperto e indossando la jilbab secondo la tradizione musulmana, si precipitarono in tanti, capeggiati dall'allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dall'allora e attuale ministro degli Esteri Luigi di Maio. Che stridente contrasto.

Ultimo aggiornamento: 19:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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