Egregio Direttore,
ho volutamente atteso l'esito del giudizio di Catania per Matteo Salvini, prima di decidere di rassegnarle alcune riflessioni che mi sembrano, per quanto amare, molto preoccupanti. All'udienza preliminare di Catania, il Giudice ha ritenuto di accertare il vero accadimento dei fatti oggetto dell'imputazione, con l'assunzione delle testimonianze dell'allora Presidente del Consiglio, e di vari altri Ministri. E le risultanze emerse hanno ineludibilmente condotto, essendo prove piene ad ogni effetto, alla pronunciata assoluzione. A Palermo, invece, nell'udienza preliminare-fotocopia il Giudice, dopo una risibile camera di consiglio di pochi minuti, si sarebbe accorto che non vi sarebbero stati gli estremi per un'archiviazione, disponendo così il rinvio a giudizio dell'imputato. Ma noi tutti sappiamo che il compito primario ed essenziale di ogni Giudice dovrebbe essere quello di accertare la verità, ove possibile, adoperando a tal fine tutti i mezzi disponibili. E allora, vien da obiettare, perchè non ri-assumere le medesime testimonianze del processo di Catania? Non s'è dunque trattato di denegata giustizia, a meri fini di prepotente prevalenza di un' arrogante ideologia?
Giuseppe Sarti
Caro lettore,
non so se siamo di fronte a un caso di denegata giustizia o piuttosto alla gestione di una vicenda processuale eccessivamente condizionata da convinzioni politiche o da derive ideologiche.