La lingua è un valore identitario,
ma qualche licenza è ammessa

Mercoledì 18 Maggio 2016
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Egregio direttore, 
proprio nel titolo della sua rubrica di ieri c'era un bel "qual'è" con l'apostrofo! Da tempo io, ex allievo del Liceo Classico Parini di Milano, rabbrividisco nel leggere sul suo giornale due illustri commentatori che scrivono regolarmente "paese" , intendendo la nazione, con la lettera minuscola. Per non parlare di "gli" invece che "le" riferito ad un soggetto femminile. Anni fa vi ho fatto notare che venivano declinati al plurale i nomi propri di persona. Va bene che la lingua è in evoluzione (vedi l'inglese in cui si può dire ciò che si vuole e tutto va bene), ma dobbiamo sempre scegliere una soluzione peggiorativa? La invito qualche volta ad assistere in Tv al programma "L'Eredità". Ci sono giovani laureati che sono analfabeti in Italiano, in Storia, in Geografia, ecc. E' uno spasso. Di chi la colpa? Della scuola? Della Tv, in cui la sola lingua udibile sono i dialetti romano, siciliano o napoletano? Del fatto che nessuno legge più i classici?


Gianfranco Bertoldi
Mestre


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Caro lettore,
ha ragione: spesso anche sul nostro giornale la lingua italiana è bistrattata e maltrattata. Nel caso specifico, tuttavia, mi permetto di farle osservare che spesso, anche nella letteratura, è invalso l'uso del "qual'è" con l'apostrofo. Dal punto di vista del rigore grammaticale non è corretto, giacchè non siamo di fronte a un'elisione ma a un troncamento. Tuttavia se Collodi nel suo Pinocchio scriveva "Qual'è il piacere che volete da me?", o se Federigo Tozzi nelle sue Memorie di un impiegato vergava: "Do un'occhiata alla casa e capisco qual'è la camera", concederà anche a noi qualche licenza grammaticale. Le stesse, del resto, che si permettevano Luigi Pirandello o Tommaso Landolfi che abitualmente usavano scrivere "qual’è" con l’apostrofo. Comunque, grazie per le sue preziose osservazioni e la sua attenzione. La lingua è un valore identitario fondamentale, meriterebbe maggior considerazione e tutela da parte di tutti. A partire proprio dai giornali. 
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