La riforma del voto? In questo clima al massimo l'ennesimo pasticcio elettorale

Venerdì 29 Settembre 2017
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Caro direttore,
condivido la massima che occorre ascoltare sempre il popolo,come Lei sostiene. Ma il popolo è sempre in grado di comprendere gli interessi generali e libero nelle sue valutazioni? Si dice che un vero statista dovrebbe avere lo sguardo lungo e non fisso alle elezioni più vicine. Cosa che esclude il consenso immediato. Tutti siamo convinti dei condizionamenti a cui siamo soggetti nelle campagne elettorali, dalla pubblicità agli interessi incrociati o dipendenti da simpatie personali o di partito. Il popolo è tutt'altro che libero nelle scelte politiche, La suggestione ed anche l'ignoranza spesso la fanno da padroni. Esistono le interpretazioni e non le certezze, direbbe un filosofo che va per la maggiore. Anche in politica. Nelle infinite discussioni poi, sul varo della legge elettorale, il popolo sembra piuttosto lontano, la ricerca di ottenere i massimi vantaggi a livello partitico prevale su tutto. Difficilmente si può dire che tale impegno dialettico abbia un carattere popolare.
Luigi Floriani
Conegliano
Caro lettore,
la celebre affermazione di De Gasperi ( Un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni) conserva sempre una straordinaria attualità. Ma un politico che abbia o meno ambizioni da statista deve anche tener conto dei sentimenti del suo popolo. Che se non è sempre in grado di comprendere la complessità delle questioni, vive però concretamente le difficoltà, le crisi, i disagi. La politica ha il compito di indicare la direzione di marcia e le soluzioni, ma partendo dalla realtà delle cose, non facendo discendere proposte e programmi da assunti ideologici o dalla tutela di interessi di parte. Che è invece ciò che sta accadendo con l'estenuante dibattito sulla riforma elettorale. Invece di preoccuparsi di dotare il Paese di un sistema di voto che garantisca, in modo equilibrato, rappresentanza e stabilità, i partiti sembrano essere sempre alla ricerca del modello che li possa maggiormente avvantaggiare o, almeno, che sia in grado di penalizzare l'avversario. La riforma, insomma, deve rispondere non agli interessi del Paese ma innanzitutto a quelli del singolo partito. Facile intuire che, visti i presupposti, una vera riforma non si farà mai. Al massimo arriverà l'ennesimo pasticcio elettorale.
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