Egregio direttore,
qualche considerazione sul tema del momento. La direttrice dell' Ema, Emer Cooke, è stata per anni nel board dell' Efpia, la più potente lobby delle case farmaceutiche europee. L' 86% del budget dell' Ema viene versato dalle case farmaceutiche stesse. I contratti firmati dalla Commissione Europea con le ditte produttrici dei vaccini sono pieni di omissis. I 7 negoziatori incaricati di condurre le trattative con le ditte produttrici per conto della C.E. sono segreti. L'unico di cui si conosce il nome è Richard Bergström, dal 2011 al 2016 direttore della suddetta Efpia. In pratica, l' Ema dovrebbe controllare Big Pharma, ma in realtà è l' esatto contrario. Dobbiamo fidarci senza porci domande?
Gabriele Crocco
Cavanella d'Adige (Venezia)
Caro lettore,
certo che bisogna farsi sempre delle domande. A patto che servano a trovare delle risposte, non a ricercare la piatta conferma delle proprie convinzioni. Per esempio sarebbe interessante che lei provasse a rispondere a questa altra domanda: non troverebbe scandaloso e immorale che i contribuenti e non le aziende farmaceutiche pagassero per intero i costi delle validazioni e autorizzazioni dei medicinali? Perché è proprio questa la ragione per cui l'86% delle entrate dell'Ema, l'agenzia del farmaco europea, sono garantite dai gruppi farmaceutici. Perché ciascuno di loro, in parti uguali, versa una quota per far funzionare l'Ema, la quota restante la paga invece la Ue. Se così non fosse ai cittadini o agli stati toccherebbe farsi carico non solo dell'acquisto dei farmaci, ma anche di tutti i costi, molto elevati, dei processi autorizzativi. Preferirebbe che accadesse questo? E in tal caso tuonerebbe contro le Big Pharma che, oltre a lucrare sulle vendite dei medicinali, si fanno pagare dagli Stati, ovviamente conniventi, anche le autorizzazioni dei medicinali?
Ma le faccio un'altra domanda.