Ogni partito ha le sue regole, ma pretendere di zittire critiche e voci dissonanti non è solo sbagliato, è irrealistico

Sabato 12 Febbraio 2022
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Egregio Direttore,
leggo in questi giorni che alcuni Robespierre de noantri vorrebbero far cadere la ghigliottina disciplinare sul collo di militanti leghisti più o meno illustri. Non entro nel merito dei gravi crimini compiuti sotto forma di ciacola veneta, altrimenti detta esternazione a mezzo stampa. Chiedo quale pena è stata inflitta al signor Giancarlo Gentilini, già sindaco di Treviso e militante di lunghissimo corso della Lega, per aver detto, parlando del suo partito di appartenenza: «L'ho già detto. Per alcuni versi ci troviamo davanti ad un poltronificio» (Gazzettino, 1 Luglio 2017).

Paolo Girardi


Caro lettore,
ogni partito ha le sue regole e la sua storia.

Per quanto possa apparire paradossale per un movimento nato per ottenere l'autonomia dei territori, quella della Lega è la storia di un partito con un'organizzazione interna fortemente centralista, saldamente ancorata alla figura del capo e governata da regole ferree che non solo non prevedono l'esistenza di correnti o gruppi autonomi, ma che vietano anche espressamente che si possano esprimere pubblicamente opinioni che contrastino con la linea del partito o con le scelte del leader. Se oggi la Lega è la forza politica più vecchia rimasta sulla scena forse lo si deve anche a questa forma partito che si è data sin dalla stagione del primo Bossi. Ma quelli erano tempi diversi. Oggi la Lega non è più il movimento duro e puro di un tempo. Ha cambiato e sta cambiando pelle. E deve fare in conti con un mondo e una politica in continuo divenire. Inevitabile, in un contesto come questo, che all'interno di un grande partito che conta ancora moltissimi militanti, ci siano opinioni diverse sulle scelte da fare, sulle strade da percorrere e anche sullo stesso leader. Pretendere nella società della comunicazione globale che le voci dissonanti, le critiche e i pareri meno allineati restino nel chiuso delle sezioni o delle chat interne è semplicemente irreale e antistorico. Ed espone sempre più i vertici nazionali e locali all'accusa o al sospetto di utilizzare queste regole a proprio uso e consumo, soprattutto per colpire e indebolire gli avversari interni o dirigenti e militanti a loro vicini.

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