Basta con i profeti di sventure. Il Mose è costato troppo. Ma ora c'è, va completato e fatto funzionare al meglio

Sabato 2 Ottobre 2021
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Egregio direttore, ci risiamo.

Il nostro caro Mose, costato tanto ma tanto, continua ad essere, per citare il poeta, tra color che sono sospesi. Finirà o non finirà? Entrerà in funzione o non entrerà? Le imprese verranno pagate o no? E chi e come lo gestirà? Insomma lo scorso anno quando si è finalmente alzato lasciando Venezia come d'incanto Venezia all'asciutto, ci eravamo illusi che finalmente la faccenda era (quasi) chiusa. Bene o male, l'acqua alta sarebbe stata sempre meno un problema per la città. Ora siamo di nuovo nell'incertezza. E l'autunno è alle porte. Mi piacerebbe conoscere la sua opinione.

R.T. Venezia

Caro lettore, la mia opinione temo conti poco. Mi sembra più importante che il commissario del Mose abbia ben spiegato che, com'è accaduto lo scorso anno, le dighe mobili che proteggono Venezia dalle alte maree si alzeranno ogniqualvolta sarà necessario. Senza limiti di altezza. Ma la sua lettera mi dà la possibilità di fare qualche altra considerazione su questo tema. Perchè il Mose, per qualcuno, non è solo un'opera di ingegneria. E' anche uno stato dell'animo. Un animo, aggiungo, particolarmente inquieto. Mi spiego meglio. La costruzione delle dighe mobili a Venezia non passerà certo alla storia come un esempio da seguire. E non credo ci sia bisogno di spiegare il perchè, tanto numerosi sono stati gli esempi di malagestione che hanno costellato la sua non breve storia. Però il Mose ha dimostrato di funzionare.

Tutti hanno potuto verificare lo scorso anno che l'obiettivo per cui era stato progettato e realizzato, cioè proteggere Venezia dalle acque alte, è stato raggiunto. Lo si poteva e lo si doveva fare meglio: spendendo meno soldi e in tempi anche più brevi. Ma il risultato finale è indiscutibile: questa complessa e ingegnosa opera, unica nel suo genere al mondo, fa il suo lavoro. Questo semplice fatto ha però mandato in crisi profonda i non pochi profeti di sventura che, per anni, ci avevano spiegato che mai e poi mani il Mose avrebbe funzionato. Che neppure sarebbe entrato in attività. Che le barriere non si sarebbero alzate tutte. Che non avrebbero fermato davvero l'acqua alta. Che nella laguna sarebbe successo di tutto e di più. Smentiti dai fatti, costoro non si danno per vinti e il loro quotidiano obiettivo è dimostrare che sì, il Mose si alza, però... Però fra 50 o 100 anni non basterà a proteggere Venezia dalle acque alte. Però costerà molto gestirlo. Però non riuscirà a proteggere Piazza San Marco. Però si è già arrugginito e chissà domani cosa succederà. E via elucubrando. Tutti argomenti che spesso contengono anche un fondo di verità. E che vanno considerati. Ma dando loro il giusto peso e con l'intento di fare in modo che questa opera, costata oltre 6 miliardi di euro, venga finalmente completata e possa funzionare nel migliore dei modi. Cioè in modo efficiente e senza ulteriori sperperi di soldi pubblici. Questo dovrebbe essere l'obiettivo tutti. Ormai c'è: facciamo tesoro degli errori del passato e vediamo di gestirla al meglio. Nel frattempo qualcuno dovrebbe comprendere che le battaglie di retroguardia servono soprattutto a giustificare i propri errori e le proprie inquietudini. L'interesse generale è un'altra cosa.

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