Draghi meglio premier o capo dello Stato? L'unica certezza è che non possiamo permetterci di "bruciarlo"

Giovedì 27 Gennaio 2022
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Egregio Direttore,
pare proprio che, comunque vada a finire questo disordinato tormentone dell'elezione del Presidente della Repubblica, nessuno abbia ancora enfatizzato adeguatamente un doppio rischio. Il primo è rappresentato proprio da ciò che più di qualcuno ha suggerito sottovoce a Mario Draghi, e cioè che l'Uomo, non avendo certo bisogno di stare attaccato alla poltrona di Premier, nè essendo (legittimamente, diremmo) disponibile a vedersi preferito qualcun altro per la salita al Colle, sbatta la porta e saluti caramente tutti. L'ineludibile conseguenza immediata sarebbe quella della caduta del Governo, con tanti saluti ai fondi del Recovery. Il secondo rischio consiste invece nella non remota possibilità che un'elezione non del tutto condivisa, bensì imposta a colpi rosicchiati dell'ultimo voto utile, renda l'Italia irrimediabilmente spaccata in due, con buona pace della sovranità della democrazia e del tanto sbandierato senso di responsabilità.

Giuseppe Sarti


Caro lettore,
condivido la sua prima preoccupazione, meno la seconda.

Qualunque sia il giudizio sulla persona e sul suo operato a capo del governo, Mario Draghi è una risorsa del Paese. Per il suo percorso, le sue relazioni e capacità, è uno dei pochissimi esponenti della nostra classe dirigente ad aver un sicuro profilo internazionale e a godere di solide entrature nelle principali cancellerie mondiali. Draghi può continuare a fare il premier o salire sul Colle più alto della Repubblica: l'una e l'altra di queste ipotesi presenta punti a favore e controindicazioni. Ciò che bisogna certamente evitare è che in questa incerta partita per l'elezione del Capo dello Stato, Draghi venga, come si dice, bruciato sull'altare delle manovre politiche. Cioè si determinino situazioni che ne infincino l'autorevolezza e il peso. Cosa che, per esempio, potrebbe accadere se Draghi fosse candidato alla successione di Mattarella, ma non ottenesse poi dai grandi elettori un numero di consensi almeno pari alla maggioranza parlamentare che lo sostiene come capo del governo. Quanto invece al secondo rischio: ovviamente è auspicabile che il nuovo Presidente goda di un consenso ampio, che vada oltre i confini di un solo schieramento. Ma non è detto che ciò accada. E non è neppure detto che un'elezione del Capo dello Stato a colpi maggioranza abbia effetti irrimediabilmente negativi. Del resto in passato è accaduto spesso. Non dimentichiamo infatti che Mattarella è stato eletto con 665 voti su 995 e Napolitano con 543 su 1000.

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