La legge Zan non è stata affossata dai franchi tiratori ma innanzitutto dagli errori dei suoi promotori

Venerdì 29 Ottobre 2021

Caro direttore,
non posso dire che la legge Zan mi convincesse del tutto. Ma sono disgustata dal voto dei senatori che l'hanno affossata in quel modo. Sono disgustata da quei franchi tiratori che si sono nascosti dietro il voto segreto con l'obiettivo, immagino, non tanto di far cadere la legge, ma di regolare qualche conto interno. 

Luisa Pianon
Venezia


Cara lettrice,
come recita un vecchio adagio: è inutile piangere sul latte versato.

Ad affossare il decreto Zan non sono stati né i franchi tiratori né il voto segreto, ma, innanzitutto, una serie di gravi errori commessi proprio dai sostenitori più convinti e determinati di questo provvedimento. A molti non potrà piacere sentirlo dire, ma il voto in Senato che ha rinviato a chissà quando la discussione sulla legge Zan è stata la conseguenza, non inevitabile ma prevedibile, del modo sbagliato, supponente e integralista, con cui questo provvedimento, per tanti aspetti giusto, è stato prima proposto e poi sostenuto. Sottovalutando un aspetto decisivo: la legge Zan tocca temi su cui, non solo le forze politiche ma l'opinione pubblica italiana è divisa, manifesta sensibilità diverse, giuste o sbagliate che siano. Dubbi e perplessità che erano presenti anche in campo progressista. Non volerne tenere in alcun modo conto, rifiutarsi ad ogni ipotesi di mediazione e trasformare invece questo provvedimento in un vessillo da sventolare, anzi da sbattere in faccia, agli avversari politici, ha portato al voto del Senato di mercoledì. Si è scelto di andare allo scontro frontale in Parlamento su una materia che avrebbe invece richiesto la ricerca di punti di equilibrio e una maggiore dose di accortezza. E i risultati si sono visti: sono scesi in campo i franchi tiratori, hanno mirato e colpito. Ma in questa partita è stato commesso anche un altro errore, più squisitamente politico. Dopo il risultato positivo alle elezioni amministrative, il Pd ha pensato di poter capitalizzare subito il successo e non ha resistito alla tentazione di rifilare immediatamente un altro ceffone al centro destra e di farlo su un tema divisivo, ma anche fortemente identitario per una parte dello schieramento di sinistra. Ha decisamente sbagliato i suoi conti ed ha avuto la chiara dimostrazione di alcuni suoi profondi punti deboli. Il primo e più evidente, è che neppure nel centro sinistra c'è oggi una leadership forte, condivisa e autorevole in grado di orientare scelte di schieramento e farsi garante di impegni e risultati. Il voto di mercoledì al Senato è stata, da questo punto di vista, una sconfitta politica ma anche personale per Enrico Letta. E sarà difficile per tutti non tenerne conto. Inoltre è apparso chiaro che tra il Pd e gli altri partiti della vasta galassia anti-destre, le diffidenze e le ostilità interne sono persino superiori rispetto a quelle nutrite verso gli avversari. Un campanello d'allarme per ciò che potrebbe accadere nei prossimi mesi con la nomina del nuovo Presidente della Repubblica: un'elezione su cui i franchi tiratori si sono spesso esercitati con successo.

Ultimo aggiornamento: 12:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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