Perchè chi ha più di 84 anni (e non è in casa di riposo), non sa ancora quando verrà vaccinato. La colpa è di...

Sabato 20 Febbraio 2021
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Caro direttore,

credo di parlare a nome di quanti, come me, si sentono abbandonati dalla società a cui hanno dedicato il lavoro di una vita. Sono stata insegnante per 34 anni, ho amato il mio lavoro e i ragazzi, ho fatto volontariato e ho accudito i miei genitori e i miei figli; non ho fatto che il mio dovere e non mi sento niente di speciale. A 85 anni credo di avere il diritto di usare il vaccino (che pare l'unico mezzo per cautelarsi dal virus) per la mia fragilità. Che società democratica sacrifica i più deboli? Mi sembra un po' nazista. Per favore, faccia sapere che il diritto degli over 80 non è diverso da quello degli under 80.

Marilia Ciampi,  Padova

Cara lettrice,
certamente lei, per la sua età, ha diritto ad essere vaccinata prima di altri cittadini meno esposti ai rischi che un contagio comporta.

E lo sarà. Infatti questo è esattamente ciò che prevede il piano di vaccinazione regionale: prima l'immunizzazione degli operatori e degli ospiti delle case di riposo. Poi, secondo una scala di priorità, medici, infermieri e i cittadini più anziani a partire dai nati nel 1941, proseguendo poi con quelli nati nel 1940, 1939 e via crescendo. Solo successivamente toccherà a chi ha meno di 80 anni. Dal 15 febbraio in tutte le province venete sono iniziate le vaccinazioni per gli ottantenni. La scelta di iniziare non dai più anziani in assoluto, ma dai nati nel 1941 per passare poi progressivamente a quelli nati negli anni a seguire, deriva da un'indicazione scientifica applicata ovunque. Si basa su questo principio: si prevede che, in media, un 80enne abbia contatti e relazioni sociali superiori a quelli di un 88enne o di un 90enne, sia cioè più esposto al rischio di essere contagiato o di trasmettere il contagio. Per questo è più opportuno partire dagli over 80 più giovani. Lei però dirà: va bene, ma quando verrò vaccinata io? Perchè finora non ho ricevuto nessuna comunicazione. Ha ragione. Questo dipende però esclusivamente dalla disponibilità di vaccini. L'Europa aveva sottoscritto accordi con le case farmaceutiche per garantire vaccini a tutti Paesi. Ma le aziende non hanno rispettato gli impegni, tagliando le forniture. Il risultato è che la quantità di vaccini consegnata dal governo alle regioni è per ora molto inferiori a quella prevista e la campagna di immunizzazione avanza a una velocità inferiore. Un paio di dati per comprendere meglio il problema: solo per ciò che riguarda Pfizer, al 18 febbraio, la Regione Veneto avrebbe dovuto avere a disposizione 508.830 dosi. Dal governo ne sono arrivate appena 349.710. Per quanto riguarda il vaccino AstraZeneca ne erano previste 90.500, ne sono state consegnate 44.300. Comunque, sempre al 18 febbraio, in Veneto erano state vaccinate 266.830 persone e 108.407 avevano completato il ciclo, cioè erano state immunizzate con entrambe le due dosi previste. Di queste il 22% ha più di 70 anni: un dato sensibilmente più elevato della media nazionale

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