Per Alitalia non servono maghi ma una strategia chiara e coerente (che non c'è)

Giovedì 11 Luglio 2019
Caro direttore,
mancano pochi giorni per risolvere la situazione economica di Alitalia, definitivamente. Sono certo che dal cilindro del mago Luigi Di Maio, anche Ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, uscirà qualcosa. Pare sia rimasto aperto più che un oblò: la scia della seta.

Carlo Zardi
San Daniele del Friuli


Caro lettore,
per far uscire Alitalia dal tunnel e individuare una nuova compagine azionaria, non servono né maghi né magie, ma idee chiare e comportamenti coerenti. E una politica industriale degna di questo nome. Purtroppo, per ora, tutte queste cose sembrano mancare. Stiamo assistendo alla solita girandola di (improbabili) nomi e di ipotesi, ma non si capisce bene su quali basi e su quali strategie dovrebbe fondarsi il complicato rilancio della nostra compagnia di bandiera. L'unica certezza, per ora, sembra essere la nazionalizzazione dell'azienda, con il 51% della società nelle mani delle Ferrovie dello Stato e del Ministero dello Sviluppo economico. Un passaggio, a questo punto, necessario, ma che da solo non può certamente bastare a dare un futuro ad Alitalia e ad evitare un nuovo salasso di risorse pubbliche. Quanto grande sia la confusione sotto i cieli, lo dimostra l'atteggiamento del governo, o meglio della sua componente pentastellata, nei confronti di Atlantia, la holding del gruppo Benetton, attiva nel settore delle infrastrutture e proprietaria, tra l'altro, di Autostrade e degli Aeroporti di Roma. Nei giorni scorsi, come noto, il vice premier Di Maio ha improvvidamente definito la società «decotta», ossia sostanzialmente fallita, perché destinata, secondo il leader grillino, a perdere le concessioni autostradali come conseguenza del crollo del ponte Morandi. Posizione confermata anche dal ministro Toninelli. Senonché il governo, di cui Di Maio è l'azionista di maggioranza, insiste nel cercare di coinvolgere proprio Atlantia nel salvataggio di Alitalia, facendola entrare nella nuova compagine azionaria con un ruolo di rilievo. Ora delle due l'una: o Atlantia è un'azienda «decotta», come sostiene Di Maio, e allora non ha senso alcuno che entri in Alitalia; o invece è una società solida e con le competenze necessarie per diventare partner industriale di Alitalia e partecipare alla complessa operazione del rilancio della compagnia. Forse Di Maio, prima o poi, chiarirà in modo definitivo il suo pensiero in materia. Nel frattempo possiamo solo sperare che Alitalia ritrovi una rotta e una strategia. Ma con queste premesse non è davvero facile essere ottimisti.
Ultimo aggiornamento: 15:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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