A Padova ha vinto la forza tranquilla di Giordani, ma ha anche fallito (per i propri errori) la Lega

Mercoledì 15 Giugno 2022
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Caro direttore,
confesso di essere abbastanza deluso per il risultato elettorale di Padova. Non solo per la sconfitta del candidato del centrodestra, ma per l'entità della stessa. Le faccio una domanda semplice semplice: secondo lei ha più vinto Giordani o ha più perso Peghin?

A.C.
Padova


Caro lettore,
le risponderò così: ha vinto Sergio Giordani assai più che il centrosinistra e ha fallito il centrodestra, ma in particolare la Lega. Giordani durante gran parte del suo mandato di sindaco e anche in campagna elettorale, ha avuto l'abilità, quasi istintiva, di declinare quello slogan, Una force tranquille (una forza tranquilla), che fece la fortuna politica di Jacques Mitterand, portando per la prima volta un socialista alla guida della Francia. Un mix che prescinde largamente dalle logiche di schieramento, fatto di tranquillità, pacatezza e pragmatismo ma allo stesso tempo determinazione nel non voler rinnegare se stessi e il proprio modo di essere. Uno stile, più che una linea politica o amministrativa, che, contro le previsioni di molti, ha permesso a Giordani non solo di districarsi tra le molte insidie della politica locale ma anche di tenere a bada una coalizione di governo assai riottosa e composita, liberandosi strada facendo delle presenze più ingombranti. Un percorso che, alla fine, è stata premiato da un consenso molto trasversale e che ha consentito a Giordani di diventare il sindaco più votato nella storia di Padova, anche grazie al voto moderato. Ma, il sindaco non ce ne voglia, un così ampio consenso si spiega anche con gli errori degli avversari. E della Lega in particolare. Attribuire particolari responsabilità nella sconfitta a Francesco Peghin sarebbe quantomeno ingeneroso: il candidato del centrodestra ha generosamente accettato la sfida, ma scontava un enorme (e sottovalutato) divario di notorietà popolare rispetto a Giordani. Non solo: i suoi principali punti di forza, l'esperienza imprenditoriale e quella sportiva, erano sostanzialmente gli stessi di Giordani. In un contesto di questo tipo, difficile potesse fare molto meglio. Del resto se il suo 33,3% sfigura di fronte al quasi il 60% di Giordani, va anche ricordato che al primo turno nelle elezioni del 2017 l'allora debuttante Giordani andò poco oltre il 29%. La sconfitta così clamorosa del centrodestra ha un'origine diversa. E sta innanzitutto nella scelta, voluta dal vertice locale della Lega, del profilo del candidato da contrapporre a Giordani. Al contrario del Pd, la Lega in Veneto ha da sempre selezionato i suoi candidati e amministratori tra i propri militanti e dirigenti. Basta guardare la giunta regionale di Luca Zaia: non c'è un assessore esterno. A Padova i potenziali candidati interni non mancavano: deputati, alti dirigenti del partito, assessori regionali. Ma da un lato il timore di alcuni di essi di bruciarsi contro Giordani, dall'altro le divisioni che dilaniano da tempo il Carroccio padovano, hanno convinto i vertici leghisti locali che bisognava puntare su un candidato esterno, un civico come si usa dire. Poi condiviso anche dagli altri partiti del centrodestra. Scelta che però si è rivelata doppiamente sbagliata. Perché non solo Giordani ha stravinto, ma la Lega è precipitata al 7,3%. Dietro Fdi e con un terzo dei consensi del Pd. Segno evidente che anche molti suoi elettori non hanno capito o non hanno apprezzato la candidatura di Peghin. E sono stati a casa. O forse hanno votato Giordani.
      
 

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